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giovedì 1 febbraio 2024

Povere creature!

14:48

 



Dopo una più o meno volontaria assenza dalle sale, ho rimesso piede nel mio cinema di fiducia per il nuovo film di Lanthimos, Povere creature!. È stato un ritorno glorioso.
La storia, che sicuramente già conoscete ma che segno per i posteri, è quella di una giovane donna a cui è stato trapiantato il cervello del neonato che portava in grembo per poterla salvare dalla morte. God, il medico folle e ambizioso tanto quanto il suo nome che l'ha riportata in vita con questo straordinario intervento, la cresce come una figlia per studiarla, almeno fino al momento in cui Bella si sentirà pronta ad affrontare il mondo da sola.

Il film altro non è che la gloriosa crescita della sua protagonista, che da neonata - almeno cerebralmente - cresce e diventa ragazza e poi donna, in uno splendido ritratto della vita femminile che forse non era ancora stata ritratta con questa meravigliosa sincerità.
Non è difficile iniziare il film con il naso storto dall'indignazione: God ha fatto un gesto violento, senza consenso, nato solo per soddisfare il suo ego. Ha disposto a suo piacimento del corpo di una donna che invece aveva preso per il proprio corpo una decisione per chiara: si era tolta la vita. Allo stesso modo potrebbe indignarci Max, lo studente di God promosso ad assistente, che ammette candidamente di essersi innamorato di Bella proprio nel momento in cui lei non può essere una compagna consapevole, perché nel suo percorsi di crescita la sua mente è ancora alla fase dell'infanzia. Ci sembra un amore sporco, quello di Max, perché non può portare ad una relazione paritaria e autentica. Così come sporco è il ricatto a cui lo sottopone God, imponendo alla futura coppia una convivenza forzata. Sempre senza conoscere l'opinione di Bella, s'intende.
Lei, però, non ci sta, perché giorno dopo giorno l'infanzia lascia lo spazio alla maturità, e con essa al desiderio di evasione. Il mondo è immenso e Bella vuole abbracciarlo tutto. Da questo momento il film prende una piega completamente diversa, ma lo fa attraverso un momento molto significativo dell'esplorazione della sua protagonista: la voglia di mondo arriva dopo la scoperta del desiderio sessuale. Masturbandosi prima e conoscendo il tocco umano poi, Bella comprende che la sua vita non si può privare del piacere, sensuale ma non solo. 
E quindi parte, alla ricerca della conoscenza. Bella conquista le spettatrici perché non ha paura di prendere quello che desidera, perché espone senza paura il desiderio sessuale e la possibilità di una felice promiscuità priva di giudizio e di limitazioni. Bella giace con uomini e donne, sfrutta il suo corpo per pagarsi da vivere e lo fa con spensieratezza, a patto di poterlo fare alle proprie condizioni.
Insieme alla sua crescita c'è quella del mondo che la circonda: alla quasi espressionista Lisbona, con i suoi colori sgargianti ma dalle figure sbilenche - filtrate dal candore dello sguardo infantile che le sta conoscendo per la prima volta, seguono un'infelice Alessandria, primo vero incontro della "giovane" con l'ingiustizia e la disparità, e la ricca Parigi, in cui Bella diviene (o sarebbe meglio dire torna) donna. Il mondo le è mostrato attraverso gli occhi consapevoli dell'amica conosciuta al bordello, che la prende per mano e la accompagna attraverso le sue idee rivoluzionarie, la aiuta a lasciarsi indietro l'uomo che l'ha usata quando lei non sapeva cosa volesse dire farsi usare e la guida verso un tipo di piacere nuovo. 
Poiché la sue mente è stata manipolata dai desideri altrui, è col corpo che Bella si fa largo nel mondo. Privata di una formazione tradizionale che l'avrebbe resa pudica e riservata, non teme di manifestare i suoi frequenti appetiti, di sfruttarli per fare soldi. Senza il suo desiderio sessuale non avrebbe incontrato la libertà prima e la conoscenza poi. Il piacere è arrivato da solo, con un esperimento a tavola, e l'ha portata ovunque. Essere così attiva non ha offuscato lo sguardo genuino che Bella ha sempre avuto sul mondo: sono stati gli uomini a farlo. Uomini che la volevano solo per sé, uomini che volevano incatenarla, uomini che volevano farle del male. Dal sesso per Bella è arrivata la libertà, e con essa la vita adulta, l'ambizione, la conoscenza.
Questa donna, figlia e madre di se stessa, ha coltivato da sé la propria educazione, allontanandosi dagli occhi che le erano vicini solo per studiarla, modo ancora più intimo di possederla.
E lei invece ha volato, anche nel ritornare a casa. Nel modo in cui ha osservato la sua sostituta, nel modo in cui i suoi occhi hanno cominciato a vedere il mondo meno distorto ma più simile al reale, nel modo in cui ha deciso per sé cosa fosse meglio fare. 

Uno squisito inno alla vita, alla felicità, al coraggio di andarsela a prendere senza timore di apparire eccessive. Non è per questo naive, anzi: la vita fa schifo, le persone possono essere cattive e le situazioni ingiuste. Però ne vale la pena, e dobbiamo farne il meglio che possiamo. 
Meraviglioso.

lunedì 22 gennaio 2024

Efix, mio padre

07:57



Mio papà sta morendo. 
Alcune malattie danno alle persone una sorta di data di scadenza, e noi in questi giorni stiamo vivendo in attesa della sua. Ora che la morte è il centro dei discorsi, dei pensieri, della routine, io ho ascoltato Michela Murgia leggermi il classico di Grazia Deledda, Canne al vento, senza saperne quasi niente perché se avete fatto le scuole in Italia sapete che Deledda è una sorta di creatura magica che diventa invisibile il giorno in cui si stendono i programmi ministeriali.
È stato un viaggio complesso, quello di queste sette ore passate insieme a queste madri sarde, ma non sapevo che avrebbe finito per presentarmi mio padre, ovvero la persona il cui pensiero cercavo di rifuggire proprio ascoltando un romanzo. 
Efix, il servo della nobile casata Pintor, è un uomo umile, sottomesso, facile alla superstizione. Mio padre è stato - inappropriato uso del passato prossimo, dato il suo approccio insistente e cocciuto alla malattia - l'opposto. Un ego di ferro e un'arroganza importante lo hanno segnato per tutta la vita, insieme ad una certa ostilità all'autorità - che da qualcuno dovrò pur aver ereditato. Entrambi sono stati degli ultimi della società, e la sola umiltà condivisa dai due è quella di classe. L'umiltà di classe rende gli uomini tutti uguali: la pelle scottata dalle ore sotto il sole - sono figlia di un muratore - e le mani spaccate che predicono a chi le guarda che aspetto avrà il resto del corpo di lì a qualche anno, gli occhi annebbiati dai pensieri. Hanno entrambi gli occhi azzurri, Efix e mio padre.
Canne al vento, prima ancora di essere un ritratto di una piccola comunità e delle dinamiche tra i suoi abitanti, è un racconto di povertà. Letto - o ascoltato - oggi è un dialogo importante sulla dignità degli ultimi, sugli elementi che rendono un uomo ricco, su quanto la ricchezza, qualunque essa sia, sia elemento costitutivo della persona. Per tutto il romanzo sono due gli atteggiamenti che le persone hanno tenuto nei confronti del servo: l'affetto verso gli inferiori, quell'affetto che somiglia più all'amore per un animaletto sciupato che a quello per un umano, oppure l'aperta mancanza di rispetto. Don Predu, cugino delle dame Pintor, si rivolge a Efix chiamandolo "babbeo", mai col nome proprio. Sono circostanze che chiunque abbia vissuto sotto la soglia della povertà conosce bene: le mancanze di rispetto, il tono indulgente, i sorrisi di chi dà per scontato non si riesca a riconoscerne la falsità.
Efix viene accettato e, scopriremo alla fine, amato di amore sincero, perché non ha mai chiesto di essere di più. Ha coltivato la propria condizione, appagato l'orgoglio borghese mostrando riconoscenza e servilismo, spendendo la propria vita al servizio degli altri fino ad annullare completamente la propria, vissuta su una branda in un poderetto altrui. Ha amato le sue padrone con ardente passione, confinato in una povertà spietata ma che ha accolto come unica sorte possibile e che ha contribuito a creare indebitandosi sempre più proprio per quelle padrone che tale ho hanno reso. Ha subito angherie e soprusi, risate alle spalle e insulti, credendo in qualche maniera di meritarle. Ha attribuito la sua infelice condizione ad una responsabilità divina, accettando di buon grado che se quella era la vita che il suo signore voleva per lui, allora andava vissuta secondo il suo desiderio. È una povertà facile da accettare, quella di Efix.
Ben più complesso è amare e accettare i poveri ribelli, quelli incazzati, che rifuggono il concetto di gratitudine. Quelli che esigono di più, che reclamano a gran voce per essere ascoltati. Soprattutto se sordi da decenni, come mio padre, il cui tono di voce era sempre quello più alto della stanza. In una società che ti vuole bloccato dove sei nato per alzare sempre di più chi è nato meglio, mio padre ha sempre provato ad esigere altro. Per ogni volta in cui Efix abbassava il capo, di fronte alle sue padrone o ai dispiaceri, mio padre ha cercato di essere qualcos'altro rispetto a quello che la gente voleva che fosse. Non ci è riuscito, non come immagino avrebbe voluto.
La fine del servo sopraggiunge nella casa delle padrone, che in un moto di compassione lo accolgono e lo accudiscono, riconoscenti finalmente dell'amore paterno - che noi lettori sappiamo essere guidato anche dal senso di colpa - di cui Efix le ha rivestite per tutta la loro vita. Un amore paterno silenzioso, fatto di gesti e mai di parole. In questo i due sono stati uguali. Non mi sono mai sentita dire che mi voleva bene, ma si è fatto dimettere dal primo ricovero in radioterapia per venire a tinteggiarmi la casa che avevo appena comprato insieme a mio marito. Mi è venuto a prendere al lavoro quando faceva buio e io avevo paura di andare in stazione a piedi, ma non mi ha mai abbracciata. 
È un amore diverso, quello che abbiamo ricevuto io e le dame Pintor, perché non sempre gli umili hanno gli strumenti per tirare fuori dalla testa quello che c'è dentro, e allora tengono impegnate le mani spaccate così che tu possa preservare le tue. In realtà mi ha sempre detto che la casa me l'ha tinteggiata perché noi non saremmo stati in grado di farla come l'avrebbe fatta lui, così come Efix - tornato al poderetto dopo la fuga - lo ha trovato rovinato e incolto, perché nessuno lo avrebbe curato con l'amore con cui lo ha fatto lui. 
La morte di Efix arriva lenta, quasi gentile. Gli concede il tempo di vedere la sua dama sposata, sistemata economicamente e sentimentalmente. Come un vero padre, era questa la tribolazione più grande. E loro gli hanno concesso una morte dignitosa, al caldo e su un letto, circondato nei suoi ultimi giorni da premure che non aveva mai ricevuto prima e che lo mettono a disagio. La dignità gli pare eccessiva, il minimo sindacale gli sembra non meritato. Nega parole, sguardi, perché l'imbarazzo lo divora e consuma i momenti di lucidità. 
Mio padre, al contrario, esige di comprendere. È avido di informazioni che chiede senza vergogna, soprattutto da quando il tumore si è preso gran parte della vista. Il dimesso Efix si oppone con violenza all'aggressività con cui Angelo, mio padre, non accetta di essere tagliato fuori. Uno accetta la vita che gli è stata data, l'altro ne ha creata una piena di tribolazioni perché le scelte sbagliate non sono mai troppe, e di sicuro non lo sono state le sue. Uno confida che il signore in cui crede lo abbia messo di fronte a sfide che può affrontare, l'altro non ha mai creduto in niente in tutta la sua vita, neppure a quello che gli hanno detto i suoi figli. 
Così simili e così diversi, uno l'ho ascoltato e l'altro lo vedo andare verso la fine con le stesse tribolazioni, gli stessi pensieri. Mio padre è riuscito a vedermi sposata, con un lavoro fisso e una casa, ma non madre, il suo unico vero desiderio mai espresso a voce alta, pure con una discreta insistenza. Efix ha visto Noemi maritata, ma non Ester. Ha visto che l'amato Giacinto ha messo la testa a posto, mentre mio padre non avrà il tempo di vedere mio fratello diventare l'uomo che avrebbe voluto fosse e che sapeva bene diventerà.
In quel momento lì, con la fine che pende sul capo e spegne lentamente lo sguardo chiaro di chi inizia ad accoglierla, li ho trovati identici, perché non c'è sorte più democratica di questa. Ho ascoltato i pensieri di Efix immaginando potessero essere i suoi, e saperlo in pace mi ha offerto un lieve conforto. Gli Efix e gli Angelo del mondo hanno una vita che rende difficile immaginare di poter lasciare con facilità, perché non è arrivata la rivalsa, la risalita. Canne al vento, però, ne ridiscute la necessità, della risalita. In una vita disgraziata Efix ha coltivato le relazioni con queste figlie dell'anima al punto che giunta la fine il vero dolore per loro è stato lasciarlo morire da solo, mentre il mondo, fuori, era in festa. L'eredità dell'amore.
Prima o poi la festa ricomincerà anche qui, e toccherà sopravvivere al senso di colpa che nasce dal riuscire a celebrarla. Fino a quel momento faccio come sempre tesoro delle parole di Mike Flanagan, che ha parlato della morte e del dolore come nessuno aveva fatto prima: l'amore c'è stato, il resto sono solo confetti.


Edit*
Il mio Efix è morto pochi giorni fa, rimanendo testardo e arrogante fino a che il corpo glielo ha concesso, in pieno stile Angelo Paracchini. Anche i loro ultimi giorni si sono somigliati, passati a letto in attesa dell'inevitabile. Io, come le sue dame, sono stata più figlia di quanto lo sia mai stata nella vita, e ci siamo salutati così. Non ho gli strumenti per comunicare questi sentimenti nuovi, che sto scoprendo giorno dopo giorno. Deledda me ne ha trasmesso qualcuno, gli altri li imparerò strada facendo, facendomi aiutare, anche in questo caso, dallo straordinario potere delle mie amiche sincere e confortanti: le storie.

lunedì 8 gennaio 2024

Ultima parte del riassunto: 23 cose belle del 2023

20:24
 La mia psicologa mi dice sempre che devo ricalibrare il mio sguardo e tenerlo più concentrato sulle cose positive della mia vita, che sebbene sia nel suo momento più complesso da che ho memoria è fatta anche di cose belle e importanti. 
Dopo un paio di post un po' più specifici, ho pensato di chiudere questa trilogia sulle cose belle dell'anno appena finito con un elenco, di quelli che amo tanto fare, e ho pensato di elencare un mix di cose belle di cui ancora non ho parlato sul blog, mescolando le storie di cui fruisco - in tutti i loro formati - alla mia, di storia, e quindi alle cose belle che mi sono successe, per non permettere a quelle brutte di diventare le sole che ricorderò dell'anno. L'ordine, come mio solito, è casuale.





23. Nemiche geniali.
Il podcast di Jennifer Guerra racconta in otto episodi l'amicizia al femminile, fatta di contrasti, sorellanza e un amore diverso da ogni altro. Lo fa analizzando il modo in cui queste relazioni sono affrontate nei media: da Pomodori verdi fritti a Sex and the city, passando per le Golden Girls, il racconto è delizioso e confortante, e ci conferma che Guerra è una delle voci più interessanti del giornalismo e del femminismo italiano.

22. Spiderman: Across the Spiderverse.
È arrivato Barbie e ha un po' scombussolato tutto, ma fino a dicembre - mese in cui ho visto il film di Gerwig - il nuovo film della trilogia animata con Miles Morales come protagonista è stato il mio film dell'anno. Vivace, adrenalinico e con una superba animazione, è una storia incredibile di come fa un giovane uomo nero a prendersi il proprio spazio nel mondo. L'ho trovato pazzesco e la vostra piccola comunista di quartiere ne è uscita gratificata e felice.

21. Pentiment.
Lo splendido gioco che mi ha consigliato il mio amico Dario si è rivelato una sorpresa senza precedenti. Seguendo le vicende di un miniaturista in un villaggio tedesco del '500 costruiamo un viaggio nella morale, nella presa di coscienza di cosa ci renda umani e di quanto valore abbiano i nostri errori nel renderci le persone che siamo. Grafica di rara bellezza, storia avvincente, modalità di gioco alla mia portata e personaggi indimenticabili. L'ho molto amato.

20. Lago ad alta quota.
Ho pianto tanto, nel 2023, così tanto che se anche a volte sentivo il bisogno di continuare a farlo il mio corpo mi fermava. Quando però avevo bisogno di qualcosa che scatenasse lo sfogo successivo, questa canzone dei Fast Animals and Slow Kids non ha mai fallito. La porterò con me, sento che nel prossimo periodo ne avrò ancora bisogno.

19. Notre Dame de Paris.
A gennaio, dopo dieci anni ho potuto vedere finalmente dal vivo un musical che amo di amore appassionato, e di vederlo con il cast originale. Mi sono emozionata come una bambina, ho cantato a squarciagola di cattedrali, libertà e amore ed è stato magnifico. 

18. Abbazia di San Giusto.
Ad aprile abbiamo trascorso una settimana alla scoperta della Tuscia, e l'abbiamo scelta proprio perché da anni facevamo la corte a questo b&b che avevamo scoperto per caso su instagram. Si tratta di un'abbazia a Tuscania che mette a disposizione dei turisti non solo alcune stanze più nuove rimesse a nuovo ma anche i locali più antichi, tra cui la stanza in cui abbiamo soggiornato noi, che si chiama I Conversi e che è un appartamento da sogno, in cui giocare a fare le dame vittoriane inseguite dai fantasmi nel cuore di notti buie. L'abbiamo sognato per due anni e ne è valsa assolutamente la pena.

17. La Schweppes agli agrumi.
Scoperta in Francia per caso e diventata immediatamente una dipendenza, sono avvilita di comunicarvi che in Italia la più buona delle acque toniche di tutto il mondo non c'è.

16. Michele Monteleone.
Se c'è una cosa di cui ancora so qualcosa di molto vicino allo zero è la letteratura di fantascienza. Metterei qui vicino anche il fantasy, di cui so spaventosamente poco. Ho trovato per caso il canale Youtube di questo ragazzo che invece ne sa moltissimo e che racconta con grande passione come aggirarsi nella vastità di questi due immensi mondi. Lo trovo pacato e cordiale, competente e piacevole da seguire.

15. I blush di Rare Beauty.
Lo so che arrivo tardi alla festa perché sono la cosa più popolare degli ultimi anni sul web, ma dopo tanta indecisione ne ho comprato uno - prima di scoprire che il brand è tra quelli da boicottare per l'appoggio a quel governo fittizio di quel paese che sta compiendo un genocidio, non so se avete presente. Però devo ammettere che è il migliore che abbia mai usato, con una pigmentazione che fa spavento, una resa sulla pelle che ricorda un filtro di instragram e una durata che fa impressione. Porcaccia la miseria.

14. Il concerto dei Fall Out Boy.
Gli amori della mia vita. Li seguo da quando avevo 16 anni e un amico mi ha copiato tutti i cd per farmeli scoprire e da quel momento io e loro siamo diventati una cosa sola. La relazione più lunga che ho, in pratica, è quella con loro. Ad ottobre sono finalmente riuscita ad andarli a vedere dal vivo ed è stato come viaggiare nel tempo. Mi sono catapultata nel 2007, con le vans a quadretti, lo smalto nero smangiato e la frangia piastrata. Mi sono stancata come una della mia età, ma quanto ho goduto. Il concerto della vita.

13. Barbie.
E il fatto che stia qui già spiega dove mi posiziono nella brutta diatriba del web che ha seguito la sua uscita. L'ho trovato la cosa migliore che Gerwig potesse fare nelle condizioni in cui lo ha fatto, e mi ha resa tanto felice. 

12. L'abbonamento a Fangoria.
Me lo aveva regalato il Moderatore per Natale 2022 e mi ha tenuta compagnia per tutto il 2023. Mi sono sentita parte della nostra scalmanata e squinternata community dell'orrore e ho letto tante cose belle.

11. Segnocinema 240.
Per la prima volta nella mia vita ho pubblicato qualcosa su una rivista di settore, un saggio a sei mani scritto con due persone vicine al mio cuore, e che per di più parlava di streghe. È stata una gratificazione importante e anche un pochino un sogno riuscire a vedere il proprio nome su una rivista dal valore così significativo. 

10. Le Dark Ladies.
Il progetto di lettura che mi ha tenuta impegnata per tutto il 2023 mi ha vista leggere undici romanzi di genere scritti da donne ed è stato molto interessante. Ho letto grandi autrici che già conoscevo, Jackson e du Maurier su tutte, e fatto nuove graditissime scoperte, come Federica Leonardi e Carmen Maria Machado (lo so, lo so, sono in ritardo pure con lei). Mi è piaciuto così tanto che continuo nel 2024, perché le ragazze del perturbante sono tante e magnifiche.

9. L'affiliazione su Twitch.
Sul web faccio mille cose da tanti anni, ma in Twitch ho trovato una dimensione che mi soddisfa e che mi fa sentire a mio agio. Ci ho messo molto ad ottenere il mio risultato oggettivo e che è significativo anche perché, inutile negarlo, è quello che porta con sé un compenso economico. Sono molto grata e felice, sento che per tante cose sto trovando la mia strada e questa è una di quelle.

8. Il punto croce.
Avevo bisogno di un hobby che mi aiutasse a passare meno tempo al cellulare, e l'ho trovato. Compro a pochi euro schemi su Etsy che girino in qualche modo intorno al mondo dell'orrore e mentre guardo gente fatta a pezzi su uno schermo mi diletto a fare le cornicette con i fili colorati. Mi piace più di ogni hobby che ho iniziato e poi abbandonato in tutta la mia vita, e sono stati tanti.

7. Fiabe di stoffa.
Acquistato a Modena Play a maggio e rapidamente diventato uno dei miei giochi da tavola preferiti, Fiabe di Stoffa chiede ai giocatori di interpretare dei pupazzi di peluche, che devono proteggere la loro piccola proprietaria dagli incubi che le rovinano il sonno. La dinamica di gioco è semplice ma non per questo noiosa, le storie sono così dolci che è difficile restare concentrati e le miniature sono un sogno. Lo adoro.

6. Il Rocky Horror dal vivo.
Per il compleanno gli amichetti mi hanno regalato dei biglietti per andare a vedere il Rocky Horror all'Arcimboldi e mi hanno regalato una delle serate più divertenti della mia vita. Il cast è stato strepitoso, la partecipazione del pubblico sentita e rumorosa. Me la sono goduta come una matta, che bello è stato.

5. Il Piccolo Atlante del Mistero.
A novembre ha visto la luce il primo romanzo della mia collana per ragazzi tutta dedicata a vari luoghi del perturbante italiano. Si intitola Operazione Grand Hotel e parla di fantasmi ai bagni di San Candido. Mi ha riempito di gioia perché è stato un progetto che ho curato con un'amica e che mi apre le porte per quello che spero sia un bel viaggio per me e per i suoi lettori.

4. Tomie.
Quando ho "bocciato" su instagram una raccolta di racconti di Junji Ito la mia amica Silvia mi ha detto di provare con Tomie, che sicuramente avrebbe incontrato di più i miei gusti. Aveva ragione, come sempre. Tomie non solo non ha quel linguaggio che ho trovato un po' respingente negli altri manga che ho letto, e al tempo stesso parla di una giovane donna che solo grazie al suo aspetto fa crollare giovani uomini ai suoi piedi e insieme a loro la struttura stessa di tutta la società, su piccola e grande scala. L'ho adorato.

3. Lo shop di Nuovi Incubi.
Negli ultimi mesi dell'anno io e Lucia abbiamo visto la tremenda situazione internazionale, soprattutto legata al genocidio in corso di cui sopra, e abbiamo pensato a cosa potevamo fare noi. Oltre alle ovvietà e alle cose individuali che ognuno di noi fa in base ai propri desideri e le proprie possibilità, abbiamo pensato di unire l3 ascoltator3 del nostro piccolo podcast ed è nato uno shop temporaneo i cui proventi sono tutti andati a Medici Senza Frontiere. Abbiamo visto le persone che ci ascoltano unirsi e aiutarci per ottenere un piccolo risultato che ci ha fatto sentire tanto affetto. Grazie, è stato magnifico.

2. Il giardino di casa mia.
Sono molto grata di avere una casa che io e Riccardo possiamo chiamare nostra, è un privilegio di cui non mi dimentico mai. Questa casa, poi, la seconda in cui abitiamo insieme, ha un piccolo giardino che ne disegna un paio di lati e io quest'estate finalmente me lo sono goduto un bel po'. Ho iniziato a lavorare al pc dal giardino ogni volta che il tempo lo ha concesso, con il mio latte macchiato e il mio cagnolone di fianco a me a tenermi compagnia e a studiare i passanti. È stato un assaggio della vita dei miei sogni, e me lo sono goduto tutto quanto.

1. Il viaggio in Irlanda.
A settembre io e Riccardo abbiamo trascorso dieci giorni in Irlanda. È stato il viaggio dei sogni, che aspettavamo da tanto e che è arrivato in un momento delicato. Sono partita col cuore pesante e con lo stesso sono tornata, perché lasciare l'isola di smeraldo è stato atroce: mi sono innamorata. La grande bellezza che ci ha riempito occhi e cuore me la porterò dentro sempre, il calore che ci ha accolti lo ricordo come ispirazione per la persona che voglio essere e da allora il pensiero fisso è solo tornare. 

giovedì 21 dicembre 2023

2023 - un riassunto: le letture più belle

18:19
Quest'anno sono riuscita a leggere molto meno di quello che avrei voluto, ma sono stata abbastanza fortunata da incontrare sul mio percorso romanzi che mi hanno fatto presto dimenticare che la quantità ha lasciato un po' a desiderare. Non parlerò di ogni singolo libro letto quest'anno, ma giusto di quelli che resteranno con me un po' più a lungo.





La saga di Blackwater






Io e il Moderatore abbiamo preso l'abitudine di leggerci i libri a voce alta. È iniziata lo scorso anno, perché volevamo entrambi leggere Solaris e abbiamo deciso di "consumarlo" così. Il più delle volte leggo io a lui mentre siamo in auto per i tragitti un po' più lunghi, e alla fine anche i primi tre volumi della ormai celeberrima saga ce li siamo goduti così. Ora che ne abbiamo consumati tre mi sento di dire che è stata davvero la lettura adatta ad essere realizzata in compagnia, perché questo mix tra La forma dell'acqua e Dinasty si presta molto ad una lettura collettiva, commentata insieme. Questo ha reso la già simpaticissima vicenda se possibile ancora più accattivante. La storia ovviamente la conoscete perché se possibile sono i libri più condivisi e chiacchierati dell'anno - con l'eccezione del fairyporn di booktok - e anche io ne ho parlato ampiamente in più occasioni, qua ripeto velocemente quanto già espresso: li trovo graziosissimi e goduriosi, che scorrono via come acqua fresca senza mancare di qualche scena bella intensa ed esplicitamente gore che sarà la delizia degli amanti del genere. Penso che proseguendo si farà sempre più oscura e non vedo l'ora di vedere come andrà in conclusione.

Famiglie complesse





Anche questi li abbiamo già affrontati qui sul blog ma non sarebbero mai potuti mancare da un bilancio di fine anno. Sono due modi molto diversi di raccontare le famiglie, uno molto serio ed intenso (quello di Espach) e uno dissacrante e divertente (quello di Raimo). Il primo fiction e il secondo autobiografico, il primo una lettera aperta a chi non c'è più e il secondo in un certo modo quasi una lettera a se stesse. Mostrano come due approcci così diversi al trauma possano raggiungere lo stesso scopo: parlare al cuore di chi ne ha uno tutto suo, di trauma, per mettere insieme sul piatto quello che resta e cercare di ricostruirlo per guardare al futuro. Sono entrambi racconti di spietata sincerità su cosa sia l'infanzia e su cosa sia la crescita e su come sopravvivere alle famiglie d'origine. Il secondo si presta come perfetto regalo di Natale, il primo per l'amor del cielo no che è straziante.

True crime





Solo due sono stati i testi true crime che mi hanno accompagnata nel 2023 e francamente quando a scriverli sono i due maestri del genere allora sono sufficienti. Il testo di Stefano Nazzi, giornalista e oggi anche idolo delle masse grazie al suo ottimo podcast Indagini di cui sono amante devota, è ben diverso dagli episodi che ci regala ogni mese. Non si concentra infatti sulle indagini e i processi ma sposta il focus sui colpevoli, costruendo un profilo completo e attento delle persone che hanno compiuto alcuni tra i reati più gravi della cronaca italiana. In Nazzi, che è un professionista serio e competente, manca del tutto il desiderio di fare facile pornografia del dolore, e il suo lavoro è caratterizzato da una serietà e da un rispetto che lo rendono il migliore in Italia. Non si lascia andare a congetture o ipotesi, non fa commenti inopportuni e il suo tono è sempre quello di chi vuole solo trovare la chiave corretta per raccontare una storia. Il libro è una conferma della sua personalità anche se continuo a preferire il lavoro che fa col podcast. Qui racconta solo 10 casi in un testo breve, fa quello che può con lo spazio che ha.
Carrère, che ve lo dico a fare. V13 racconta del processo che è avvenuto dopo gli attacchi terroristici di Parigi del 2015. Il testo è diviso in tre: una prima parte dedicata al ricordo di alcune delle vittime, una seconda dedicata all'esplorazione dei terroristi, delle loro origini e delle loro storie - fondamentali per comprendere il fenomeno - e infine una terza parte dedicata alle parti finali del processo e di quello che ha significato per tutti coloro che, come lui, ne hanno preso parte, oltre che per la nazione intera. Questo è proprio il suo pane, la sofisticatezza con cui entra in punta di piedi in momenti di dolore inimmaginabile è unica e il modo in cui parla degli individui che hanno commesso gesti impensabili è onesto e giusto. Maneggiare con cautela, il lacrimometro è alle stelle.

Donne&antispecismo






Questi due - magnifici, magnifici, magnifici - libri non potrebbero essere più diversi tra loro. Il primo è il racconto esilarane di un'ex insegnate che scopre intorno a casa alcuni omicidi e sollecita la polizia a fare meglio il proprio lavoro, mentre il secondo è un testo su un futuro post apocalittico in cui la popolazione è decimata e i pochi che sono sopravvissuti possono cibarsi solo di carne di sirena. In comune hanno il fondamentale tema dell'antispecismo, però, che è così profondamente radicato nel loro DNA da renderli più simili di quanto appaiano. 
La protagonista del primo romanzo - la mia protagonista preferita di ogni romanzo di sempre - ama gli animali molto più di quanto non ami le persone ed è per lei di fondamentale importanza che questo amore venga compreso e rispettato dalle persone che la circondano. È un testo, quello in cui si muove, che pur mantenendo un tono squisitamente simpatico riflette sulla solitudine, sulla condizione degli anziani nella società e anche su quella degli animali. Ci si chiede che cosa determina il valore delle persone o addirittura se è giusto accettare che esista un supposto valore delle persone. L'ho trovato una lettura incantevole.
Sirene è molto meno accogliente. È un testo breve ma affilato, che non ha paura di mettere l'umanità di fronte alla sua natura e che spinge durissimo. Il mondo è finito, gli umani sono finiti: restano solo la mafia giapponese e le sirene, carne da mangiare e da scopare. L'unione tra sesso e alimentazione e il confine sottilissimo che li divide è il cuore del romanzo. Laura Pugno è un carro armato, sa bene dove può insistere e dove è il caso di spostare lo sguardo (spoiler: quasi mai. Occhio a tutti i trigger warning possibili) e questo suo testo è per me indimenticabile.

Donne del mito





Le nebbie di Avalon è, nonostante le immense problematicità della sua autrice, il mio romanzo preferito, lo dico senza doverci pensare due volte. Sto quindi, se pur con i miei tempi, proseguendo nella lettura del ciclo di Avalon e questo che vedete qui sopra è il secondo volume. È un prequel della storia che tanto ho amato e si colloca all'inizio della vita dell'isola di Avalon e racconta la nascita del culto delle sacerdotesse. Nonostante questo, o forse proprio per questo, non sono sicura di aver amato La casa della foresta tanto quanto avrei voluto. Tutto il tempo che avrei voluto dedicato alle ragazze, alla nascita di un culto nuovo che le mettesse al centro e le rendesse protagoniste, è invece dedicato ad una storia d'amore tormentato, e purtroppo non era quello che cercavo. Peccato. L'ho inserito comunque perché quell'ambientazione, quei momenti che se pur pochi ci sono, quel mondo lì, mi fanno impazzire e trovo che l'autrice, mannaggialamiserie, sia ottima.
Lavinia, dal canto suo, ha a sua volta un'ottima autrice. LeGuin riprende in mano la storia di Lavinia, moglie di Enea, e le regala lo spazio che nell'Eneide non le veniva concesso. La seguiamo bambina, poi giovane donna contesa tra mille pretendenti desiderosi di prendere in moglie la figlia di re Latino, e infine moglie prima e vedova poi dell'eroe. Lo spazio che le viene concesso serve a LeGuin per spiegare a Lavinia come mai non le fosse stato dato prima. Nata in una famiglia nobile, infatti, alla giovane non è dato spazio di essere se stessa nonostante un padre affezionato e illuminato. Non c'è spazio per la crescita personale a meno che questa non vada nella direzione del bene del regno, non c'è desiderio, speranza, volontà. Ci sono una missione da compiere e un ruolo da svolgere, il resto sono solo capricci. 
Il solo momento in cui a Lavinia sarà concesso di decidere per sé sarà nei boschi, nella natura, dove può muoversi lontana da ciò che la sua società ha deciso per lei.
Tutte le donne in questione, quindi, è solo nella natura che hanno spazio per esprimersi, per esistere prive di aspettative e compiti. È solo protette dai boschi che possono essere autenticamente felici.

Donne oscure

Infine, su instagram a gennaio ho iniziato un progetto di lettura: undici testi tutti al femminile, preferibilmente di genere. Ho spaziato tra gotici più classici e narrazioni più moderne, passando per il folk locale, fino alle raccolte di racconti. Con alti e bassi è stato un viaggio così interessante che lo ripeterò l'anno prossimo. In questa sede non mi dilungherò sulle letture, tanto sono tutte state accompagnate da lunghe dirette su instagram, qui accenno solo al fatto che dovete, dobbiamo continuare a leggere le donne del perturbante, preziose e raffinate. Ho imparato tantissimo.

lunedì 18 dicembre 2023

2023 - un riassunto: Dungeons&Dragons

20:53
 Giunti alla fine di questo poderoso anno di merda ho pensato che fosse una buona cosa rispolverare un po' il blog, che a parte i post di ottobre è stato un po' abbandonato a se stesso. L'idea è di dedicare qualche post alle cose che hanno caratterizzato gli scorsi mesi e che mi hanno tenuta in vita mentre attraversavo la tempesta.
Cominciamo quindi con un post molto anomalo per la sottoscritta: uno tutto dedicato al gioco di ruolo più famoso del mondo: Dungeons&Dragons.
Io e mio marito stiamo insieme da 12 anni e sono altrettanti che lui mi cita questo gioco. Abbiamo provato insieme a seguire qualche campagna online ma io avevo sempre una lamentela: mi sembrava che tutti si prendessero molto - troppo - sul serio, e io non riuscivo ad entrarci in sintonia. Non so cosa sia cambiato quest'anno, ma ho deciso di dargli una possibilità, e da quel momento la mia vita è finita: in questa casa non si parla, non si gioca, non si guarda altro. Ho raccolto quindi un bel po' di cose di cui parlarvi e pertanto ecco in modo un po' bizzarro per un blog sul cinema dell'orrore un post tutti intero su D&D.




La prima cosa da citare è ovviamente la campagna che abbiamo iniziato con i nostri amici. Stiamo invecchiando, abitiamo distanti e lavoriamo come somari e pertanto ci serve una scusa per aumentare le occasioni in cui passare del tempo insieme. Stiamo giocando l'avventura del Kit Essenziale, visto che a parte il Moderatore - mio marito, che ovviamente è il nostro master - siamo tutti nuovi a questo mondo e come per magia la casa si è già riempita di diversi costosissimi manuali per proseguire una volta conclusa questa. Sempre se io ci arrivo perché le botte che mi prendo ogni santa volta non fanno ben sperare per quella povera disgraziata della mia personaggia. Mi diverte molto anche vedere i miei amici in vesti nuove e riconoscere i loro tratti in quello che fanno nel gioco. Io infatti impulsiva pure lì, sbaglio tutto.




Questi sono i tizi che mi hanno tenuta prigioniera per almeno dieci mesi di questo 2023 e che prevedo non mi lascino andare per i prossimi anni. Sono molto famosi ma li presenterò comunque, per chi passasse di qui per caso: si chiamano Critical Role, sono un gruppo di attori e doppiatori (alcuni voci di praticamente ogni videogioco a cui abbiate mai giocato, come per esempio mia madre Laura Bailey che è in ogni anime e in ogni videogioco mai creato) che ha iniziato a giocare a Pathfinder fino a che il sito Geek&Sundry - oggi Nerdist - ha chiesto loro di farlo in live su Twitch. Per rendere più democratico il loro gioco hanno fatto un passaggio e si sono messi a giocare a D&D. La loro prima campagna si chiama Vox Machina e io sono innamorata di tutti loro, senza esclusione. Guardare amici che giocano di ruolo, oltre a riprodurre la dinamica che si verifica a casa mia, offre due livelli di passione: quella per i personaggi e quella per gli interpreti, che si vogliono evidentemente molto bene. Alcuni di loro sono sposati, altri fidanzati, ci sono state rotture che hanno smosso l'internet per anni e in generale si è creata una fanbase appassionata e feroce. Leggere di loro è quasi altrettanto appassionante che vederli giocare. Certo, se sei ad un livello misero come me vedere questi semidei all'opera è un po' frustrante, ma ci arriveremo e saremo molto potenti anche noi. Per il momento sono mazzate. 
Il fatto che siano tutti attori rende le loro sessioni diverse da quelle delle persone che nella vita fanno i tecnici, le gastronome o le psicologhe, come siamo noi, ma questo ovviamente aumenta l'intrattenimento. Sono autentici, casinisti, muoiono spesso e altrettanto spesso parlano di cacca, ridono sguaiatamente e cantano Hamilton con una frequenza che mi rende felice. Non posso smettere di guardarli anche se solo la loro prima campagna è più lunga di tutto Grey's Anatomy.





Dalla prima campagna dei tizi di cui sopra Prime ha tratto una serie animata, The legend of Vox Machina, di cui abbiamo visto solo la prima stagione per non avere spoiler sul resto della campagna, visto che per ovvie ragioni le due cose si muovono su ritmi molto diversi. La serie è simpatica e per i fan della campagna è simpatico vedere personaggi a cui ci si è tanto affezionati muoversi col volto che i giocatori hanno pensato per loro, ma non sono sicura che la serie funzioni alla perfezione per chi non è già introdotto al mondo di Vox Machina. Comprendo la difficoltà: sono ore e ore di gioco che si è dovuto riassumere in pochissimi episodi molto rapidi. Unire le strizzate d'occhio necessarie a tenersi stretti i fan e al tempo stesso una struttura narrativa che funzionasse anche per chi si approcciava a questo mondo per la prima volta è sicuramente un lavoraccio, ma non sono sicura che ci siano riusciti alla perfezione. Sarebbe interessante capire quanto l'hanno apprezzata le persone che non hanno seguito le infinite dirette di gioco. 
Sono comunque deliziata all'idea di continuare a vederli nella loro forma ""reale"" e continueremo a seguire le stagioni non appena saremo in pari con la campagna.




 Impossibile non citare in questa carrellata quello che è indubbiamente uno dei miei film dell'anno. Dungeons&Dragons: L'onore dei ladri è infatti non solo un bel modo di omaggiare un gioco che ha tenuto unite generazioni intere ma anche una commedia deliziosa e un film divertente come non ne vedevo da tempo. Adoro Chris Pine così ironico, ho amato il modo leggero e scanzonato di trattare temi grandi come il lutto e la sofferenza e sono rimasta estasiata dal drago ciccione che francamente è la cosa a cui ripenso quando un cliente mi risponde male e mi rovina il turno di lavoro. 
Bello per le famiglie, bello per i grandi che vogliono tornare piccini e bello per chi è grande e vuole restarci. Consiglio a proposito del film l'episodio a lui dedicato del podcast Chiodi Rossi.




Un piccolo accenno lo dedico anche a questo film d'animazione del 2020, disponibile su Disney+, che sebbene non parli apertamente del gioco di ruolo lo omaggia affettuosamente. Parla di due fratelli, uno giocatore e l'altro no, che devono ricorrere alla magia per vedere un'ultima volta il padre defunto. Hanno bisogno della magia presente nel gioco preferito del fratello maggiore, che il minore aveva sempre snobbato e che ha imparato a rivalutare, proprio come qualcuno di vostra conoscenza. 
Non sono molto brava a giudicare l'animazione, ma questo l'ho trovato dolce e delicato, simpatico al punto da tenermi con sé ma senza mai perdere di vista l'intensità del dolore della perdita. Molto tenero.




In un post tutto dedicato al gdr, non poteva mancare l'evento a tema D&D che ha scosso il pianeta: il fenomeno Baldur's Gate 3, vincitore di premi prestigiosi e ammaliatore di giocatrici appassionate grazie al personaggio biondo che vedete qui sopra. Io e il Moderatore ci stiamo giocando insieme, meno di quanto lui vorrebbe, e se per caso facciamo l'errore di cominciare la nostra vita si conclude. Dobbiamo essere staccati con la forza. Giochiamo da una quantità di ore fuori dal buonsenso eppure non abbiamo neppure finito il primo atto e questo è perché il Moderatore è un giocatore di quelli che si ferma a controllare ogni cosa mentre io di fianco protesto non ascoltata. Mi piace vedere i risultati delle scelte che si compiono e anche la dinamica dei combattimenti che riesco a gestire senza crepare di ansia come con giochi ben più frenetici. Mi fa sentire più in controllo della situazione. 
La sola cosa che rimpiango è di avere creato nel gioco un personaggio uguale a quello della campagna nella vita reale, scelta che col senno di poi non rifarei perché ci sono così tante classe e razze da esplorare che è un peccato limitarsi sempre alle solite due, però ho margine per modificare qualcosa col tempo, visto che le ore di gioco a quanto pare sono infinite. Non che sia una lamentela la mia, anzi. Sono felice che siano così tante, mi piace molto e mi insegna cose che posso applicare nella mia campagna. Fino al punto in cui siamo arrivati ora sono più interessata alla costruzione del mondo e dei personaggi che alla storia ma non dubito che presto anche quello arrivi ad un punto più definito. O forse non c'è ancora arrivato perché perdiamo le ore a mercanteggiare, chi lo sa.
È un'esperienza che mi piace condividere con mio marito, è un gioco che si presta così bene alla condivisione e mi diverte molto.


Nei prossimi giorni torniamo a parlare di cose più vicine alla solita Redrumia!

martedì 21 novembre 2023

Redrumia33: ultime visioni

10:07
 Con un considerevole ritardo, è il caso di portare a conclusione la spooky season, facendovi un breve riassunto delle cose che ho visto nell'ultima settimana di ottobre e nella notte di Halloween. 
Cercherò di essere breve.




Con un po' di ritardo rispetto all'uscita in sala, ho finalmente visto il legacy sequel de L'Esorcista. Avrei voluto tante cose da lui perché come ormai sapete il film di Friedkin è l'amore della mia vita e sebbene la mia opinione non sia drasticamente negativa come quella della maggior parte delle persone purtroppo non ho visto quello che avrei voluto. Non c'è un aggiornamento sull'importante questione della fede che è centrale nel primo film, manca un approfondimento sulla genitorialità, altrettanto importante e che qui - sebbene ci sia - è marginale, e non si applica neppure troppo con cura il linguaggio del coming of age. Mi è dispiaciuto molto. Questo non cambia il fatto che appena ho sentito Tubular Bells e visto il volto di Chris McNeill ho frignato perché sono una debole di cuore.




Questo è un rewatch che ho fatto per mostrarlo a mio marito e che mi ha resa molto felice. Il film non è invecchiato di un secondo, non perde in potenza e intensità nonostante si conoscano vicende e finale, fa sempre la solita paura del demonio ed è pieno di fascino e di una splendida rappresentazione del femminile e delle relazioni di amicizia. Bello e basta, cosa gli vuoi dire?




It lives inside parla di due amiche, americane ma di origini indiane, che si sono allontanate crescendo ma che si sono riavvicinate quando una delle due è stata colpita da una terribile maledizione.
Per certi aspetti mi ha ricordato The hate you give, il romanzo poi diventato film in cui una ragazza nera assiste all'omicidio del suo migliore amico compiuto da un poliziotto e deve far convivere il desiderio di giustizia per il suo quartiere e la nuova vita che si è costruita nella privilegiata scuola a prevalenza bianca che frequenta. Qui abbiamo la stessa convivenza tra mondi diversi: la cultura indiana, che le famiglie delle ragazze tengono viva e presente nelle loro quotidianità, e quella americana, che nello specifico la protagonista Sam ha fatto propria. Del resto, negli Stati Uniti Sam è cresciuta e vive negli anni formativi, e fatica a trovare una vera identità combattuta tra due culture così differenti. A partire dal nomignolo che ha scelto, così americano ma che deriva da un nome indiano (Samidha), dalle persone che frequenta, dallo sport che pratica, per finire con la relazione conflittuale che ha con la madre, così dedita a tenere in piedi un rapporto con quello che ha lasciato indietro.
Io ho trovato questa parte del film così interessante, narrata in un modo così rispettoso verso Sam che non viene giudicata male solo perché pronta a proseguire una vita diversa da quella della madre, che quasi mi sono disinteressata alla parte soprannaturale.
È pur vero che la soluzione del caso sta proprio nel conflitto di Sam: abbracciare il passato per sopravvivere al presente. L'ho trovato molto carino e spero che sia visto soprattutto dai giovanissimi.




Questo lo dovete guardare anche solo per quanto è bello. Ci sono una luce, una fotografia e un uso del buio che sono splendidi e valgono da soli la visione. 
A primo impatto non mi aveva fatto impazzire: la storia è la solita rivisitazione de La lotteria di Jackson, con una piccola comunità che ha una tradizione macabra da portare avanti per il benessere dei propri abitanti. Mi sono però ritrovata a pensarci nei giorni successivi e ho dovuto riconoscere che l'ineluttabilità del male che questo film mette in scena è molto disperata e dolorosa. Parla della tragicità di non poter lasciare indietro le proprie radici, di come le porte del mondo siano chiuse per chi viene da certe realtà, di come non ci si possa lasciar andare alla speranza. È davvero un bel film (e dovevo immaginarlo, è pur sempre David Slade) e mi ha lasciato una grande amarezza per i giorni successivi. Lo riguarderò.




Tra le mie visioni dell'anno questa è indiscutibilmente la più spaventosa. Il quarto capitolo di una delle mie saghe preferite è degno del primo capitolo: angosciante, sinistro, indimenticabile.
Seguiamo tre persone, che gestiscono dei canali social sulle case infestate, che entrano a casa Carmicheal e che per la prima volta si trovano a convivere con un'infestazione reale, non come quelle farlocche che hanno vissuto fino a quel momento.
Si chiama Origins pur non essendo un prequel, ma da un certo punto di vista non è del tutto sbagliato: finita questa visione tutta la saga avrà un nuovo significato, perché si inseriscono qui nuovi elementi nella lore dell'hotel Abaddon che cambiano il modo in cui lo abbiamo visto fino a questo momento e che, se possibile, lo rendono ancora più terrificante.
Sono mezza crepata di paura ma questi sono i film per cui vivo.





È il momento di una confessione: non avevo mai visto Hocus Pocus. La notte di Halloween, dopo che Hell House ci ha quasi ammazzati, era il caso di alleggerire l'atmosfera, e abbiamo visto il primo e il secondo capitolo uno dietro l'altro. Come dico spesso, io ai film per famiglie non chiedo altro che di farmi divertire, non sono prodotti che sono in grado di giudicare davvero, e in questo caso a maggior ragione mi mancava anche l'elemento nostalgia. Questo per dire che ci siamo divertiti come i matti, a Mary Sanderson che vola sul Roomba siamo quasi soffocati e che forse in due non arriviamo alla maturità di un ragazzino di dieci anni. 
Però come distrazione da quel diavolo di film qua sopra hanno funzionato: la notte siamo comunque riusciti a dormire.




Allora io da voi ho bisogno di una cortesia: questo film di raro glorioso trash lo dovete vedere perché io citerò molto spesso i fascisti del formaggio e ho bisogno che mi accompagnate in questo viaggio.
Non ho mai visto niente di peggio, è stato magnifico. E questo è tutto quello che ho da dire.

lunedì 30 ottobre 2023

Lo shop di Nuovi Incubi!

16:40

 



È un po' difficile restare online in questi giorni, guardare quello che accade a chi non ha la possibilità di staccarsi dalla realtà solo bloccando lo schermo dello smartphone. È altrettanto vero che è impossibile immaginare un mondo in cui tutti quanti lasciamo il mondo che conosciamo per andare ad aiutare chi ha un bisogno così estremo, e quindi chi può cerca altri modi per fare la propria parte. 

Io e Lucia abbiamo pensato a questo, di modo: da oggi fino al 31 dicembre è online uno shop, con tanto merch dedicato al nostro podcast, Nuovi Incubi. Tutti i proventi delle vendite saranno destinati a Medici Senza Frontiere, che in questo momento ha così tanto bisogno di ogni piccola cosa data la situazione tragica a Gaza. Noi abbiamo pensato di metterci magliette, spille, adesivi, che con l'aiuto di chi vorrà supportarci diventeranno beni di prima necessità.

Trovate lo shop a questo link.

Il link per donare direttamente a MDF senza fare acquisti invece è questo.

Grazie.

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