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martedì 22 aprile 2014

Eden Lake

16:10
(2008, James Watkins)


Un giorno come un altro uscite dal lavoro, trovate una macchina ad aspettarvi, salite e c'è MICHAEL FASSBENDER.
Niente, la giornata assume una piega diversa.
Come se la sua presenza non fosse sufficiente accade che MICHAEL FASSBENDER vi dice: 'Andiamo in campeggio?'
E voi tutte così:


Ma ricominciate a respirare, perché quelle che andranno in campeggio con MICHAEL FASSBENDER non siete voi.
Manco io.
E' una tipa bellissima di nome Kelly Reilly.

Insomma, Kelly e MICHAEL FASSBENDER vanno in campeggio insieme. Tutto bello, tutto paradisiaco, se non fosse che un gruppetto di ragazzini comincia a infastidirli, fino a trasformare questo weekend romantico in un incubo.

E no, il fatto che questo post abbia un incipit così cretino non è affatto casuale.
Sto cercando di sdrammatizzare, perché ad un giorno dalla visione tutte le sensazioni negative che Eden Lake mi ha trasmesso sono ancora lì.


Watkins mi ha fatta arrabbiare, anzi mi ha proprio resa rabbiosa, sbattendomi in faccia il totale nonsense di alcune azioni umane. Di tutto quello che vediamo non esiste un perché. Ed è questo a rendere la vicenda, che di per sè non ha niente di nuovo o eccezionale, un incubo.
Gli aguzzini ci vengono mostrati da subito, non sono altro che ragazzetti, più o meno dell'età di mio fratello, preadolescenti. Se ne stanno lì a bighellonare, importunano un altro ragazzetto timidino, niente di eclatante.
Non sono ragazzini demoniaci, fantasmi, mostri.
Sono solo ragazzini.
Questo è un elemento destabilizzante, tanto quanto in Them, ma senza l'elemento sorpresa finale. Non c'è niente di sorprendente, loro sono lì fin dal principio, quello che è surreale è quanto noi restiamo di sasso nel vedere quanto si spingono in là.

Se in Them alla fine mi sentivo il freddo dentro, alla fine di Eden Lake ho sentito solo una calda, caldissima rabbia.
Siamo in un bosco apparentemente senza fine, sempre di giorno (c'è solo qualche scena finale di sera, ma ormai il grosso era fatto). Eppure, anche senza il grande aiuto del buio ci sentiamo opprimere, siamo all'aperto ma la pressione è tale che sembra manchi l'aria alla gola.
Loro sono ovunque, non puoi nasconderti, non puoi scappare a lungo.
Ma soprattutto sono disposti a tutto.
E gli equilibri di questo gruppetto di microcefali sono così netti che sembra di stare leggendo uno studio antropologico anzichè stare guardando un film horror. Tutti sono sottomessi alla figura carismatica e sicura di sè di Brett, il piccolo boss, tutti desiderosi di soddisfarlo e incapaci di contraddirlo. Figura leader che si manifesta per quello che realmente è (un vero mostro) nella scena, a mio parere una delle più tremende, in cui massacra di botte uno dei suoi stessi amici.
Niente ha più importanza, è solo una folle esplosione di violenza fine a se stessa, in uno scoppio di rabbia furiosa che ha il potere di surriscaldare anche lo spettatore.
Una scena terrificante davvero.


Tanto quanto sono interessanti le interazioni tra i giovani, altrettanto interessanti sono i due personaggi adulti, che in una sola ora e mezza scarsa si evolvono al punto da scambiarsi i ruoli.
Apparentemente forte e sicuro di sè lui, apparentemente timida e dolce lei, a metà visione li troviamo uno mezzo morto e l'altra sporca, stanca e sudata, ma aggressiva e determinata a non lasciarci le penne.
L'istinto di sopravvivenza la riempie di una grinta che non è mai assurda o insensata. Non passiamo da Pollyanna a Wonder Woman, badate bene. Lei rimane la stessa donna di sempre (come si vede nel momento di senso di colpa che ha quando uccide il ragazzino sbagliato), ma vuole vivere e se qualcosa si mette in mezzo tra lei e la sopravvivenza allora lei elimina quel qualcosa. Punto.
Anche se quel qualcosa avesse le sembianze di una bambina.

Per il post numero 100 di MRR non potevo trovare film migliore. Uno dei più intensi visti ultimamente, uno di quelli che imprimono la loro forma nel cuore prepotentemente, uno di quelli per cui la parola capolavoro non è usata a sproposito.

PS. Posso garantire ancora per un po' per mio fratello, coetaneo dei bulletti. E' un po' cretino, ma la gente non la ammazza.
Credo.

domenica 5 maggio 2013

The woman in black, James Watkins

13:51

Titolo originale: The woman in black

Anno: 2012

Durata: 95 minuti

Trailer:



Prima di tutto chiariamo una cosa. Io con Harry Potter ci sono cresciuta. Ho letto il primo che avevo la stessa età dei protagonisti, sono venuta su con un libro all'anno, è stato la mia più grande passione per anni. E parlo dei libri prima di tutto, i film sono solo una conseguenza.

Detto ciò, sono perfettamente consapevole del fatto che Daniel Radcliffe sia un attore mediocre, e qui si conferma tale.

In questo caso, interpreta Arthur Weasley Kipps, un aspirante avvocato che viene spedito a risolvere alcune questioni legali legate ad una casa rimasta vuota che necessita di essere venduta. Pare che la casa in questione sia stata dimora di un ragazzino poi morto affogato. Il resto immaginatelo voi.

La prima cosa che devo fare è togliermi un sassolino fastidiosissimo dalla scarpa.

Arthur sta partendo e saluta suo figlio. Gli dice: 'Hai gli stessi occhi di tua madre.'

NO. ENNE O. Mi ribello, mi oppongo, mi divincolo. No. Harry Potter non dice a suo figlio che ha gli occhi di sua madre, no.

Oh, lè.

Diciamo prima le cose positive.

Tutti gli ambienti son belli. La casa di Kipps, il villaggio, per arrivare alla palude, la stazione e, soprattutto, la casa della donna in nero.
Una meraviglia. Ricorda il castello di Casper, o meglio ancora, il video della canzone Ghost di Michael Jackson. Spettacolo.



Passiamo alle cose negative. Prima di dirle, però, vi voglio comunicare che questo film è l'horror inglese che ha avuto più successo negli ultimi 20 anni (c'è una fonte per questa affermazione, solo che non la ricordo). E ci lamentiamo se le cose di qualità sono poche.

Comunque.

La trama in sé puzza di già visto. E questo sarebbe un difetto perdonabile, se il tutto fosse ben reso, cosa che chiaramente non accade. In ogni caso la vicenda in sé non è male.
Gli attori sono stati insipidi tutto il tempo. Ed è una cosa tremenda, perchè se almeno fossero stati pessimissimi almeno mi avrebbero fatto ridere. Invece niente. Nemmeno il dolore dei genitori che perdono i loro figli è riuscito a coinvolgermi, ed è tutto dire.
I film di fantasmi, poi, si presterebbero benissimo a fare una paura dannata. E, ormai lo saprete, io mi spavento con NIENTE. Ma qui, orez. Il vuoto.





Mi spiego meglio: nell'ultimo post avevo scritto che il non visto fa più paura del mostrare troppo. E lo confermo. Ma c'è una differenza sottile tra il 'non mostrare quello che succede' e il 'non far succedere nulla'. Qui succede poco e niente, e tutto quello che succede ti viene comunque preannunciato chiaramente.

Esempio: Arthur davanti ad una finestra, ci resta per talmente tanto che sai che apparirà qualcosa, e ovviamente appare. Come faccio a spaventarmi se mi avvisi 10 minuti prima?
 

E poi, sta finestra. Ci sta sempre. Ci passa delle ore, intorno a quella fnestra. Da dentro, da fuori, di traverso. Ma cosa guardi? Cosa pensi di vedere che sei immerso in una palude nel nulla?

Complessivamente, la visione di The woman in black è tranquillamente evitabile. Non è spazzatura, non è buono, è solo abbastanza inutile. È tutto così così.

Quello che più dispiace è che Eden Lake, l'opera prima del buon James, è un semicapolavoro, un filmone bastardissimo e quasi perfetto. Diciamo che è uscito leggermente di carreggiata dai.

Attendiamo tue nuove, Watky. Fai il bravo.


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