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lunedì 23 ottobre 2023

Redrumia33: settimana 3

18:15
Il fatto che sia già finita la terza settimana di ottobre è una cosa che non ho preso benissimo, prima di tutto perché vorrei fosse ottobre tutto l'anno e poi perché l'idea di arrivare alle temperature invernali davvero non mi riempie di entusiasmo. Se non altro mi sono goduta un'altra settimana piena di orrori cinematografici e mi sono divertita come una bambina sulle giostre.
Cominciamo.



Avevamo recuperato il controverso primo capitolo della saga con Taissa Farmiga per guardare il secondo, accolto ben più calorosamente. Sebbene a me fosse piaciuto anche il suo predecessore, è pur vero che il capitolo due è diverso, più intenso e più concentrato sulla storia da raccontare che sul desiderio di farlo spaventando. Il discorso sulla fede che spesso caratterizza il cinema demoniaco viene qui riproposto, ma al femminile. Non sono sacerdoti, quindi, ad avere dubbi sulla propria veste, ma suore, che devono affrontare il male per poter accogliere dentro di sé quello che considerano essere il bene. Invertire la consuetudine di genere rende il film, ai miei occhi, ancora più interessante, perché cambia il tono della riflessione e le riflessioni che se ne traggono. 
L'ho trovato più appassionato e intenso, con una Farmiga sempre al meglio delle sue capacità e una bella storia da raccontare.




A questo film ho dedicato una live che vi condivido, per non dilungarmi ancora su un film di cui ho parlato a sufficienza.







La mia ormai nota antipatia per Nicolas Cage aveva fatto sì che io rimandassi questa visione e questo è ingiusto nei confronti di un Nicholas che invece amo di amore appassionato: lo stupendo Hoult. Devo anche riconoscere che spesso i miei pregiudizi mi fanno prendere delle cantonate, ed è questo il caso: mi sono divertita come una pazza. Coreografato in modo delizioso, simpatico e con momenti interessanti quando decide di parlare di relazioni e autocoscienza, pur continuando a farlo in modo scanzonato e senza mai prendersi sul serio. Che questo non faccia pensar male: non si prende mai gioco di tematiche serie e importantissime, come la tossicità di alcune relazioni, sceglie solo un registro più leggero per affrontarle e secondo me lo fa in modo molto rispettoso.
Se Cage qui si lascia andare a fare il meme consapevole, è Hoult che si conferma adeguatissimo in questi ruoli scanzonati ma intriganti. Carinissimo.




Io e questo film non ci siamo capiti. Parla di una bambina, Mia, che dopo il suo settimo compleanno chiede alla madre di essere chiamata Alice, e sostiene di non essere più se stessa. Il nome non è nuovo a sua madre, e le richiede di scavare nel suo passato per restituire alla figlia la propria identità. 
Apre due temi molto canonici dell'horror, la maternità e il senso di colpa, solo che ho avuto la sensazione fosse un po' sfuggente e non centratissimo su nessuno dei due. Cerco di spiegarmi meglio senza fare spoiler: la prima parte vede una madre dover risolvere un problema della figlia, la seconda è quella che rivela che il problema, in realtà, è suo. La mia perplessità sta nella risoluzione. La madre ha fatto un errore, e deve pagarne le conseguenze, però non mi è chiaro perché debba essere punita nella sua maternità, completamente scollegata dall'errore che ha commesso. Non è la sua identità quella rimessa in discussione, viene punita non in quanto colpevole ma in quanto madre, e non sono sicura di essere uscita da questa visione soddisfatta. Alla fine non fa una vera riflessione sulla maternità, sul ruolo genitoriale, ma neppure una profondissima sulla colpa e l'elaborazione della stessa. Ha però alcuni momenti molto riusciti e due interpreti sopraffine. Non so, forse non ci siamo incastrati nel momento giusto.



Questo non è piaciuto a nessuno e ammetterò che io non ho grandi capacità di giudizio verso i film per famiglie però mi sono divertita. È una commedia molto classica di infestazione, con medium, scettici e vittime, quasi grottesca nei suoi eccessi ma con buone intenzioni. Alcuni momenti mi hanno fatto molto ridere perché ho l'umorismo di una di cinque anni, quindi alla medium che viene cacciata dalle scale con ancora la sedia sotto il sedere ho riso moltissimo, ma in generale l'ho trovato candido e sincero.
Ho una sola perplessità che credo sia legata al momento che sto vivendo. Molto spesso nel cinema che parla di lutto viene chiesto a chi resta di lasciar andare, e qui avviene lo stesso. Le persone sofferenti sono invitate ad andare avanti, ad abbracciare la nuova vita piena di possibilità. È un gesto che mi viene da considerare violento e non mi piace vederlo. Voglio tenermi stretto il mio passato e fare sì che mi aiuti a vivere un presente migliore e a costruire un futuro di cui essere fiera, non voglio "lasciar andare". È un concetto che non mi piace soprattutto quando viene suggerito ai bambini. Per il resto, c'è Danny De Vito, non penso serva altro.




Storico cult di fine anni '80 che a me ancora mancava e che ho recuperato perché l'ho trovato su Shudder. Queste squisitezze qui sono le cose che metto su quando mi serve del cinema confortevole: demoni, final girls, omicidi originali - molto apprezzato il braccio tranciato con una bara - adolescenti sciocchi e case abbandonate in cui fare sinistri festeggiamenti di Halloween. Qui c'è poco da spiegare, ognuno si rilassa a modo suo e niente come una roba del genere mi rimette in pace col mondo. Questo, poi, ha alcuni momenti iconici - la rapina al supermercato, un momento di rivendicazione del proprio corpo mica male, il rossetto nella tetta, potrei continuare all'infinito - e tanta, tanta voglia di fare quel cinema nato per intrattenere, senza secondi scopi, senza pedagogia, solo con la voglia di demoni e tanto sangue. Mi sono già affezionata.

domenica 5 maggio 2013

The woman in black, James Watkins

13:51

Titolo originale: The woman in black

Anno: 2012

Durata: 95 minuti

Trailer:



Prima di tutto chiariamo una cosa. Io con Harry Potter ci sono cresciuta. Ho letto il primo che avevo la stessa età dei protagonisti, sono venuta su con un libro all'anno, è stato la mia più grande passione per anni. E parlo dei libri prima di tutto, i film sono solo una conseguenza.

Detto ciò, sono perfettamente consapevole del fatto che Daniel Radcliffe sia un attore mediocre, e qui si conferma tale.

In questo caso, interpreta Arthur Weasley Kipps, un aspirante avvocato che viene spedito a risolvere alcune questioni legali legate ad una casa rimasta vuota che necessita di essere venduta. Pare che la casa in questione sia stata dimora di un ragazzino poi morto affogato. Il resto immaginatelo voi.

La prima cosa che devo fare è togliermi un sassolino fastidiosissimo dalla scarpa.

Arthur sta partendo e saluta suo figlio. Gli dice: 'Hai gli stessi occhi di tua madre.'

NO. ENNE O. Mi ribello, mi oppongo, mi divincolo. No. Harry Potter non dice a suo figlio che ha gli occhi di sua madre, no.

Oh, lè.

Diciamo prima le cose positive.

Tutti gli ambienti son belli. La casa di Kipps, il villaggio, per arrivare alla palude, la stazione e, soprattutto, la casa della donna in nero.
Una meraviglia. Ricorda il castello di Casper, o meglio ancora, il video della canzone Ghost di Michael Jackson. Spettacolo.



Passiamo alle cose negative. Prima di dirle, però, vi voglio comunicare che questo film è l'horror inglese che ha avuto più successo negli ultimi 20 anni (c'è una fonte per questa affermazione, solo che non la ricordo). E ci lamentiamo se le cose di qualità sono poche.

Comunque.

La trama in sé puzza di già visto. E questo sarebbe un difetto perdonabile, se il tutto fosse ben reso, cosa che chiaramente non accade. In ogni caso la vicenda in sé non è male.
Gli attori sono stati insipidi tutto il tempo. Ed è una cosa tremenda, perchè se almeno fossero stati pessimissimi almeno mi avrebbero fatto ridere. Invece niente. Nemmeno il dolore dei genitori che perdono i loro figli è riuscito a coinvolgermi, ed è tutto dire.
I film di fantasmi, poi, si presterebbero benissimo a fare una paura dannata. E, ormai lo saprete, io mi spavento con NIENTE. Ma qui, orez. Il vuoto.





Mi spiego meglio: nell'ultimo post avevo scritto che il non visto fa più paura del mostrare troppo. E lo confermo. Ma c'è una differenza sottile tra il 'non mostrare quello che succede' e il 'non far succedere nulla'. Qui succede poco e niente, e tutto quello che succede ti viene comunque preannunciato chiaramente.

Esempio: Arthur davanti ad una finestra, ci resta per talmente tanto che sai che apparirà qualcosa, e ovviamente appare. Come faccio a spaventarmi se mi avvisi 10 minuti prima?
 

E poi, sta finestra. Ci sta sempre. Ci passa delle ore, intorno a quella fnestra. Da dentro, da fuori, di traverso. Ma cosa guardi? Cosa pensi di vedere che sei immerso in una palude nel nulla?

Complessivamente, la visione di The woman in black è tranquillamente evitabile. Non è spazzatura, non è buono, è solo abbastanza inutile. È tutto così così.

Quello che più dispiace è che Eden Lake, l'opera prima del buon James, è un semicapolavoro, un filmone bastardissimo e quasi perfetto. Diciamo che è uscito leggermente di carreggiata dai.

Attendiamo tue nuove, Watky. Fai il bravo.


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