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domenica 3 settembre 2017

Vampires! - Nosferatu for dummies

15:27
In modo assolutamente non creativo la parte cinematografica dello speciale sui vampiri non può che partire con Nosferatu. È proprio previsto dalla legge marziale che si faccia così, non ho scelta.
Il destinatario ideale di questo post è il fruitore di cinema medio, quello non troppo appassionato ma che se la gode un po' e che non ha mai voluto guardare i film fossili per paura di dormire/non capire/ridere (selezionare voce a scelta). Ritratto peraltro pericolosamente somigliante alla me di qualche anno fa. 
Senza alcuna (giuro) pretesa di fare la maestrina mi piacerebbe parlare a loro di Nosferatu.


Intanto, ciao, fruitore medio di cinema che non ha mai voluto guardare i film fossili. Ti dò il benvenuto nella mia modesta magione. Ti immagino pronto ad addentrarti nelle antichità del cinema e come tutti i cristiani ti immagino a cercare informazioni nell'unico modo che conta davvero: Google. Cerchi Nosferatu e ti esce questa frase ormai scolpita nella storia: film del '22 diretto da Friedrich Wilhelm Murnau, caposaldo del cinema espressionista.
Caposaldo del Cinema Espressionista
(Leggilo piano, goditelo sulla lingua, perché adesso puoi iniziare a dirlo con aria snob, erre moscia finto francese per sbattere in faccia la tua cultura ai tuoi amici che vanno a vedere i film dei supereroi. Film che tu non vedrai più perché sei stato Iniziato.)

A questo punto, amico mio, ti immagino chiederti, con tutte le ragioni di questo mondo, che minghia vuol dire. Sono qui per te, perché potrei essermelo chiesto anche io, qualche tempo fa. E allora, lascia che la sigla di Superquark ti accompagni mentre ti racconto cosa è sto espressionismo tedesco così ce lo leviamo dai cosidetti.

Dunque, siamo negli anni 10 del '900, in Germania. Nell'arte pittorica e nel teatro si diffonde questa nuova corrente, questa tendenza artistica, l'Espressionismo, appunto. In un'epoca in cui a spopolare erano la voglia di realismo e di concretezza, ecco che l'Espressionismo, con la strafottenza tipica di chi sa che avrà la storia a dargli ragione, si è imposto per la sua voglia di andare in direzione diamentralmente opposta. Ah, tu vuoi l'oggettività? La fedeltà al reale? E io ti dò le emozioni, invece. Ti lancio addosso la soggettività come se fosse stella filante a Carnevale. Quella realtà per te tanto preziosa io la prendo e deformo, la tiro e la mollo come se fosse mia e voglio proprio vedere cosa fai per fermarmi. Quello che vedi non è proprio il mondo, è la mia interpretazione dello stesso. Nel cinema quindi le cose sono un po' ballerine. Le figure hanno forme esagerate, distorte, allungate.

Ad inserirsi in questo contesto casca a fagiolo la primissima trasposizione cinematografica del romanzo di Bram Stoker: Nosferatu.




Nosferatu non ha una sorte felice: uscito nel '22 viene ben presto preso a male parole dalla moglie di Stoker, alla quale non era stato proprio chiesto il permesso per fare un film dall'opera del marito. La signora Stoker ottiene che tutte le copie del film vengano distrutte, ma suna qualche intercessione di divinità unite ha fatto sì che una copia sopravvivesse.

L'ho visto per la prima volta in un cinemino spettacolare della mia città, con i ragazzi del corso di Musicologia della mia città che suonavano dal vivo, come il film era pensato in origine. Vedere lavori del genere in sala è un evento incredibile a prescindere dalla passione per il cinema quindi fatemi il favore di scollare le chiappe abbronzate dai multisala e tornate ad esplorare i cinemini.
(Per i cremonesi: se non andate al Filo puzzate di cacca.)

È inutile che ti prenda in giro, fruitore medio di cinema: io preferisco i film più vicini a me. Diciamo che ne godo di più, l'esperienza è più piacevole e rimane sul piano della passione. Quando mi avventuro in film del genere lo faccio per studiare. Mi metto lì, con i miei libri di teoria del cinema e cerco nel film le cose che leggo, e cerco di imparare. Mi aiuta a godere meglio della mia passione e mi piace sinceramente farlo, ma non è la prima cosa che cerco quando ho voglia di vedere un film.
Nonostante ciò, Nosferatu è riuscito laddove Il gabinetto del dottor Caligari con me (CON ME) aveva fallito: fa paura regà.
Il film di Murnau funziona alla grande anche dopo i suoi migliaia di anni. Il Conte Orlok è spaventoso. E non parlo dell'iconica salita delle scale che ho postato, gli basta stare sulla porta e niente, è agghiacciante. Non deve parlare, è bestiale, inumano, terrificante. L'aspetto di Max Schreck è sicuramente di grande aiuto, ma quello sguardo lì mica te lo dà la natura, lo devi fare tu, e lui lo fa in maniera straordinaria.
Murnau, poi, era fuori come un balcone. Intanto si era convinto che Schreck fosse un vampiro vero, aveva convinto tutti di questa cosa e secondo me un pochino questo timore nei suoi confronti traspare nel film (o forse sono io che ce lo voglio vedere, chissà). Poi, in un periodo in cui gli scenari dei film erano dei bellissimi pannelli colorati lui ha deciso di spostare baracca e burattini e girare in esterno, per la prima volta all'interno della corrente dell'Espressionismo. La natura diventa quindi parte integrante della pellicola, e collabora alla perfezione nel trasmettere quasi del misticismo.
Potremmo stare qui a parlare dei giochi di ombre, luci e specchi, dell'effetto Schufftan e tutto il resto, ma allo spettatore quelle cose qua spesso non interessano. Ci sono i tecnici per questo. Lo spettatore fruisce del loro lavoro, e oggi, millesettecento anni dopo, siamo ancora nelle mani di espedienti ormai abbondantemente superati. La storia e la tecnica sono andati avanti ma Nosferatu non ha perso niente.
Solo un inizio così sfolgorante avrebbe potuto rendere il Dracula cinematografico la leggenda che è oggi.

CONSIGLIO PER I NAVIGANTI
Attenti quando lo cercate online, evitate youtube (dove se ne trovano diverse versioni) per essere certi di stare guardando la versione corretta, perché la musica di Nosferatu è complice di Schreck nel incutere un'inquietudine di quelle viscidine che sembrano essere facilmente superabili ma che invece non si schiodano di dosso.


Simile capolavoro non sarebbe rimasto intoccato a lungo.
In realtà tra lui e il suo remake sono passati intorno ai 60 anni, ma cosa sono 60 anni rispetto all'immortalità dei due film in questione?
Sì, signora mia, lo so che il remake non è mai bello come l'originale, ma un giorno un tale, Werner Herzog (quindi insomma non l'ultimo degli stronzi), ha pensato bene di dirigere di nuovo la storia di Orlok ed è riuscito nel miracolo di creare un film che, portando i suoi dovutissimi omaggi all'originale, vive di vita propria e non ha proprio niente da rimproverarsi.
Da un punto di vista narrativo si sceglie di ripercorrere la stessa identica vicenda del '22, restituendo soltanto ai personaggi i propri nomi, quelli del romanzo. Inspiegabilmente spesso Mina diventa Lucy e viceversa, ma non andiamo troppo per il sottile.

Nel marasma di ottime idee che hanno portato Nosferatu, il principe della notte ad essere il bel film che è, una su tutte ha secondo me del glorioso: KLAUS KINSKI.
Non frintendetemi, almeno nei suoi primi anni al cinema Dracula ha avuto la fortuna di avere sempre dei volti ben più che dignitosi, quantomeno nelle trasposizioni più celebri, ma Klaus...un incubo.
E ricordate che parliamo di Dracula, quindi è un complimentone.
Più di tutti i suoi predecessori, Kinski ha uno sguardo assolutamente killer. Lo so, l'ho detto anche di Schreck poco sopra, ma lui era muto, aveva solo quello da sfruttare. Qua no, qua Kinski parla. Parla, è a colori, ha 60 anni di tecnologia in più da sfruttare a suo favore, ma tutto questo è NIENTE in confronto al sudore freddo che il primo sguardo di Dracula verso il taglio che Jonathan si fa ad un dito mi ha causato.
Amico mio, il fruitore di cinema medio, se sei giunto fino a qui: lo so che io parlo per iperbole e sono un po' drama queen quindi sembra sempre che esageri, ma mi devi ascoltare. Kinski è uno dei migliori Dracula che la storia ricordi e il fatto che spesso sia oscurato da altri è ingiusto e frustrante. Se anche tu pensi che sia giusto ridare luce ai talenti, lascia da parte la venticinquesima versione di Sir Christopher Lee (a cui comunque rivolgiamo una preghiera ogni sera prima di dormire) e dai una possibilità anche a lui.
Scoprirai un Dracula drammatico, umano, amaro.
Eterno.

Il Dracula in questa versione è pieno di gloria. Non mi stupisce che quindi, oggi, Nosferatu sia pronto a tornare. Non ha ancora finito con noi, e Robert Eggers lo sa.
(Qui per leggere le prime info!)

mercoledì 10 febbraio 2016

David Bowie Day - Christiane F.

13:52
Non sono una fan di Bowie. Non nel senso che non mi piace, ma nel senso che non lo conosco bene.
E allora, vi chiederete con buona ragione, cosa ci fai in questa iniziativa dei blogger, stavolta nata dalla mente del caro Obsidian Mirror?
Il punto è che quando muore un talento, un gigantesco talento, al mondo manca la sua dose. L'umanità è privata di qualcosa di grosso, e bisogna ribilanciare. Ognuno di noi, nel suo piccolo, deve fare quanto è nelle sue possibilità per dare il massimo, per cercare di colmare il grande vuoto che la povera Terra ora si ritrova.

Muore la Montalcini? Leggiamo un libro in più, studiamo un po', guardiamo su Netflix un documentario che ce ne sono di eccezionali.
Muore Bowie? Diamoci all'arte. Dipingiamo un brutto disegno su un tovagliolino del bar, scriviamo una poesia che non leggerà nessuno, cantiamo fino a perdere la voce, bruciamoci gli occhi per la quantità di film che vediamo.


E quindi eccomi qui, a logorare ancora un po' i miei occhi già provati, parlando con voi di un film che ho avuto la sfortuna di vedere per la prima volta in un'età decisamente non appropriata, finendo inesorabilmente per detestarne ogni fotogramma, esattamente come avevo detestato il libro, che avevo avuto la brillante idea di leggere.
Riguardarlo con qualche anno di più è stato sicuramente salutare.

Bowie si vede per qualcosa come due minuti. Eppure è un protagonista indiscusso. Quando la musica è una passione forte diventa colonna sonora della vita, momento di emozione irripetibile, amica comprensiva e insostituibile. E Christiane Bowie lo adora. La musica è sottofondo delle azioni quotidiane, da quelle più basilari, ai momenti indimenticabili con gli amici, è l'unico punto di incontro con quel compagno della madre che non le piace molto, è quello che ronza nella testa la prima volta che Christiane passa dalle droghe leggere all'eroina, dopo il concerto, il solo momento in cui David si vede in faccia.


Io negli anni 80 mica c'ero. Ero nei progetti dei miei, ma mancava ancora un po' al mio arrivo. Per mia fortuna, quindi, la devastante 'epidemia' dell'eroina non l'ho vissuta. La conosco di fama, perché è impossibile sfuggirne, perchè siamo ancora circondati da persone che in quegli anni hanno perso qualcuno di amato.
Tecnicamente il film è collocato un po' prima, agli inizi degli anni 70. Per quei pochi che ancora non l'avessero visto ripercorro la storia di Christiane: 13 anni (dico davvero, TREDICI), famiglia un po' scombussolata da genitori separati, sorella che sceglie di stare col padre e madre assente. Inizia a frequentare il Sound, discoteca più famosa di Berlino, dove scopre il mondo delle droghe. (Nella realtà Christiane si è avvicinata al Sound già avviata al mondo delle sostanze illecite, ma il film chiaramente mica poteva durare 6 anni) Conosce qui Detlef, del quale si innamora. La loro storia li farà sprofondare insieme in un vortice senza uscita.

Mah, dire senza uscita poi è sbagliato. Il film si conclude con la sua disintossicazione.
(Non è spoiler, è uscito da qualche tempo un altro suo libro, quindi doveva essere viva, non picchiatemi) In realtà basta informarsi un minimo per scoprire che la sua vita non si è mai allontanata completamente dal mondo della droga. E questo, per me, è devastante. L'eroina è stata la sua compagna di vita. Ha solo avuto più culo di altri, Christiane, parliamoci chiaro. Poteva morire a 14 anni, a 20, a 40. Ne ha 54.

Il film mi ha presa, mi ha afferrata nell'alto del bigottismo in cui mi piace crogiolarmi, mi ha buttato a terra e mi ha picchiata.
Guardavo inorridita il momento in cui, pieno di tranquillità, Detlef confida alla ragazza di prostituirsi, di considerarlo solo un lavoro, niente di che. Lo guardavo accarezzarla, come ha fatto dolcemente per tutto il film, mentre le rivelava una realtà così terrificante, e tremavo. Per lei, perché è stato lì che ha permesso alla droga di prendersi la sua vita: accettare le conseguenze dello stile di vita che ci si è scelti, senza opporvisi neanche per un istante, è come lasciargli la vittoria a tavolino.
E così è andata, sebbene oggi lei sia viva. È comunque un punto per la droga.


Sono troppo perbenista per questo.
Per i locali marci, sporchi, per la prostituzione, per quella massacrante scena di masturbazione in auto, con la vita 'normale' che ti scorre fuori dai finestrini, per il vomito sulle pareti.
L'avevo già detto parlando di quell'Opera d'Arte che risponde al nome di Requiem For A Dream: questi sono i film che vanno proiettati nelle scuole.
Perché gli anni 80 saranno un ricordo, il passato, e l'eroina non è più la peste che era.
Ma è solo il nome a cambiare. Ieri l'eroina, oggi qualcos'altro, domani qualcos'altro ancora.

Sono le nostre debolezze a restare sempre le stesse, ed è questo che dovrebbe farci paura.

Come ogni  - day che si rispetti non sono certo sola, ci sono anche loro:
L’uomo che cadde sulla terra (1976) su In Central Perk
The Elephant Man (1980) su The Obsidian Mirror
ChristianeF. (1981) su Mari’s Red Room
Furyo (1983) su White Russian
Miriam si sveglia a mezzanotte (1983) su Combinazione Casuale
Tutto in una notte (1985) su Non c’è paragone
Labyrinth (1986) su Director’s Cult
C.R.A.Z.Y (2005) su Pensieri cannibali
The Prestige (2006) sul Bollalmanacco di cinema

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