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mercoledì 20 maggio 2015

Lake Mungo

13:29
(2008, Joel Anderson)

Sono al ventottesimo minuto di visione. Tuona, oggi da me è una giornataccia. Ricordo di colpo di essere in casa da sola. Realizzo di avere una maledettissima paura, quindi le scelte sono due: o lancio il pc giù dalla finestra, allontanando il fantasma di Alice Palmer il più possibile da me o mi armo di pazienza e attendo che qualche membro della mia famiglia rimetta piede in casa.
Film in pausa, me la sto facendo sotto.

Lake Mungo è il film che in sede di Liebster mi è stato consigliato da Bradipo. Ha detto qualcosa come australiano+mockumentary+muovilechiappearecuperarlo. Mi si compra con poco, me ne rendo conto.


In Lake Mungo incontriamo la famiglia Palmer. Papà, mamma e figlio cercano di affrontare come possono la scomparsa di Alice, figlia e sorella. Alice è affogata durante una gita di famiglia. Dopo la sua dipartita, però, fa continue apparizioni in foto e video di famiglia. Un fantasma?

LO SO, LO SO che al mio nominare i mockumentary tanti di voi hanno avuto un sussulto di disgusto. (Io no, io li amerò sempresempresempre)
Vi comprendo, amici.
Ma accantonate per un momento il moto di ostilità che si sta muovendo dentro di voi. Lake Mungo è diverso. Non ci sono quei movimenti da mal di mare che sembrano essere diventati l'unico modo per girare un finto documentario. Non ci sono inquadrature confuse o volutamente amatoriali.
C'è un documentario nel suo senso più convenzionale, con testimoni e persone legate alla vicenda che stanno sedute di fronte ad una telecamera a raccontare cosa è successo. E, ogni tanto, ci hanno buttato una bella scena di quelle intense a ricordarci cosa significa avere paura di un film.


Abbiamo tre personaggi disperati. Ma di quella disperazione dignitosa, non ci sono urla, strepitii, nè capelli strappati. Ci sono una mamma, un papà e un fratello che cercano il modo di stare in piedi nel mondo dopo un lutto del genere. E sembrano riuscirci, fino a quando il fantasma di Alice viene a fargli visita. Ma soprattutto, sembrano riuscirci fino al momento in cui sono costretti a guardare in faccia la realtà, a scavare al di sotto delle loro convinzioni per scoprire chi realmente fosse Alice.

Mi hanno molto colpito questi personaggi così composti, sofferenti ma in modo pacato e silenzioso. Considerato che poi buona parte del film ruota intorno a loro che fissano in camera e narrano, era necessario che gli attori fossero quantomeno credibili.
E lo sono, meno male, lo sono.


Dico 'buona parte' volutamente, perché non c'è solo questo. Ci sono le apparizioni del fantasma, ci sono le foto, ci sono i video. E soprattutto, c'è un filmato ripreso con il cellulare, che riprende il momento in cui Alice non è più stata la stessa.
E, mannaggia la miseria, fanno davvero paura.
Il che suona come una specie di piccolo miracolo. Non aspettatevi bus banali e telefonati, perché non ci sono. E non servono. Qui arriviamo nei momenti di maggiore inquietudine in punta di piedi, ma quando ci siamo dentro siamo vincolati, è troppo tardi per tornare indietro.

Ma chi ci vuole tornare, indietro?


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