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sabato 30 settembre 2017

...e ora parliamo de L'Esorcista

09:38
Questa, lo giuro, sarà l'ultima volta in cui racconterò del mio primo incontro con il film di Friedkin. Sul blog questa storia è uscita mille volte, ora che ho ripreso in mano la faccenda gli dedico un post e che non se ne parli più.


Anno del Signore 2003.
Anni della Mari: 13.
Situazione: vivevo lontana da casa, in un contesto gestito da suore e coabitato da una mandria di adolescenti, tutte femmine. Un pomeriggio, per qualche infelice decisione presa da chissà chi, si decide di vedere L'Esorcista. Suor Colomba compresa.
Risultato: nonostante un sincero disinteresse durante la visione, che sembrava lasciarmi freddina, ho passato i successivi QUATTORDICI ANNI ad avere una paura maledetta. Tra me e il film nasce un rapporto malato, in cui la mia infinita paura, che si palesava anche solo a fronte di una singola foto di Reagan, si contrapponeva ad un'attrazione sempre viva. Lo detestavo, sto film, ma ci pensavo sempre.

Anno del Signore 2017.
Anni della Mari: quasi 27.
Situazione: sono nel mio rivenditore di libri usati di fiducia. Trovo nascosta tra le altre cose una vecchiotta edizione de L'Esorcista e ne leggo le prime righe. Non quelle del primo capitolo in Iraq, direttamente quelle in America.

Come l'effimera e fulminea fiamma di un'esplosione di soli lascia soltanto bagliori indistinti sulla retina di un cieco, così il momento in cui l'orrore ebbe inizio passò quasi inosservato.
Per poco non mi sono dovuta sedere di fronte alla bellezza della frase che avevo appena letto. Decido comunque di non comprare il libro, convinta che non avrei mai avuto il coraggio di finirlo. Arrivata a casa, però, continuo a pensarci e mi decido. È ora di riprendere il controllo sulla situazione: si legge L'Esorcista. Divorato in pochissimo, letto la mattina prima dell'alba mentre mi trovavo a Londra e rapidamente sostituito con roba ben più divertente (aka Una cosa divertente che non farò mai più di Nostro Signore David Foster Wallace) quando la situazione si faceva insostenibile, poi finito in una grigia domenica mattina di pioggia ascoltando Ludovico Einaudi.
Sono rimasta folgorata.
È una frase che ultimamente mi sentite dire spesso, ma questa volta con ancora più forza del solito: contro ogni mia più rosea aspettativa il romanzo di Blatty si è rivelato una delle letture più belle e potenti mai fatte. Quella domenica sera, comunque, salendo da sola le buie scale del mio palazzo, ho avuto una paura ri di co la.


questo sguardo e io già con le mani sugli occhi

Dopo un inizio così folgorante, tenere alto il livello non era scontato. Il romanzo, però, fa una cosa che sembra impossibile: migliora. Riga dopo riga trascina in un vortice da cui è impossibile separarsi. Si è soliti chiamare i romanzi di questo tipo page turner. Sono quelle storie da cui staccarsi è impossibile, quelle che tengono svegli la notte pur di sapere cosa accade nella pagina dopo. Sempre di solito, però, ad una caratteristica simile si associano romanzi di natura ben più semplice di quello di Blatty: romanzi rosa, gialli, thriller non troppo speciali...romanzi, insomma, in cui lo stile semplice di scrittura si abbina ad una storia che sia niente più che catchy, accattivante, e che tengano così lo scrittore legato alle pagine, senza richiedergli troppo impegno. Per me, per esempio, l'ultimo era stato La ragazza del treno, nonostante non mi fosse piaciuto.
L'Esorcista conserva questa caratteristica di irresistibilità portandola però a ben altro livello. L'aria del romanzo è soffocante, malsana, il male è insito tra le righe ben prima del palesarsi del Maligno e nonostante ciò ci attira a sè con il fascino che solo il Male è in grado di esercitare.
A creare questo fenomeno di romanzo non è solo la scrittura di Blatty (che ad un certo punto parla della fisicità di Reagan definendola esile come una flebile speranza, annientandomi), è un complesso di tematiche, costruzione dei personaggi e messaggio che non potrebbero lasciare indifferente nemmeno il peggiore degli scettici, insieme a dialoghi che hanno dello straordinario. Ho letto poche cose belle come il primo incontro tra Karras e il demonio.
L'autore era cattolico. Ma tanto, anche. Nel senso che non andava in chiesa solo a Natale e Pasqua, per intenderci. Alla sua fede ha dedicato un romanzo monumentale, che traspira Dio da ogni riga pur non nominandolo praticamente mai. La fede del grande protagonista del romanzo, che secondo me è Padre Karras, è messa alla prova sia dal suo generico scetticismo che dalla scomparsa della madre, Chris e Reagan non sono credenti e in tutto il romanzo non si fanno che vedere gli effetti di Satana sul mondo. In una sola, potente frase messa nel punto giusto, però, ecco che tutta la storia prende una piega ben diversa e che Dio si riprende tutto il potere che sembrava perduto nelle pagine precedenti. Sintetizzando la questione, ci troviamo di fronte ad una Chris sconvolta dagli eventi, che non crede in Dio ma che, grazie alla situazione della figlia, crede moltissimo nel Male, che le sta dando prove tangibili della sua esistenza. Non ricordo chi, ma credo lo stesso Karras, le chiede, allora, come si spieghi tutto il Bene del mondo. In una sola domanda Blatty ci ricorda che per lui Dio non ha bisogno di fare il grosso. È nelle piccole cose che ci circondano.
Poi accade che ogni tanto anche alla Santissima Trinità vengano fatte girare le Santissime, quindi servono le maniere forti: Padre Merrin. Zarrogante come solo alcuni vecchi preti sanno essere, Merrin entra in casa, si sistema un attimino poi entra cattivo come l'aglio, con lo sguardo di chi non ha paura neanche del Diavolo in pesona (sguardo molto appropriato al momento) e ribalta Reagan come un calzino per levarle l'invasore.
Peccato che poi il vero esorcismo arrivi proprio per mano dello scettico, del debole, del combattuto Karras, che ricordando vagamente il Figlio del sopracitato Nostro Signore si sacrifica per la salvezza degli altri.
Nello specifico, dell'altra, che come viene spesso sottolineato nel romanzo, lui nemmeno aveva mai conosciuto veramente.
È una storia che parla di dolore, di fede, di scienza (non è un caso che Karras sia uno psichiatra, e che lo sia proprio per volere dei gesuiti), di grande amore per il prossimo.
È un capolavoro.

Il film riesce in un'impresa impossibile: non solo rende giustizia ad un romanzo complesso e straordinario, ma diventa un capolavoro a sua volta.
Rivedendolo, mi sono accorta di come certe immagini fossero rimaste tatuate nella mia mente per tutti questi 14 anni di lontananza, e non parlo di quelle iconiche scene di Reagan posseduta. Parlo di cose ben più sottili: i cani che lottano in Iraq, la testa della bambina ancora sana appoggiata sul cuscino, il momento di gioco tra lei e la madre, l'adorata, da me, figura di Karl. Dopo anni, la colonna sonora si conferma contorcibudella ed elemento fondamentale per la riuscita della creazione di un'atmosfera che non ti lascia nemmeno quando, come ho dovuto fare io, si interrompe la visione per un momento e si cerca di respirare aria fresca. È un'aria che riempie la stanza di marciume nelle scene di Reagan e di desolazione in quelle di Karras.
Tutto, nel film, è perfetto nel ricreare quell'aria che a Londra non mi faceva riprendere sonno, quando mi svegliavo prima dell'alba e leggevo Blatty. Anche solo i colori sono eccezionali: quel blu che riempie le scene sulle scale, in cui la luce non viene mai accesa come se fosse un modo per prepararci all'oscurità che sta dietro la porta, è indimenticabile. È quasi rumoroso da tanto che è d'impatto. In mezzo alla bellezza che solo i Film Grandi portano con sè, ci sono attori straordinari. Oltre alla piccola Blair, è Jason Miller ad essermi rimasto nel cuore. Il suo Damien Karras ha occhi grandi e pieni di cose non dette, è fragile e dolorante come un cucciolo abbandonato di fianco alla strada, intenso come pochi altri.
In più, ho guardato il film in italiano. Per me è insolito, li preferisco in inglese e il primo che mi rompe i maroni per snobismo lo sottopongo ad una Cura Ludovico di soli film di Muccino. Li guardo in inglese perché mi va punto e basta. Ciò ribadito, il doppiaggio de L'Esorcista è esemplare. La sceneggiatura (che a volte riprende paro paro parti del libro, ché Blatty mica c'aveva sbatta di rifare il lavoro due volte, giustamente) è splendida e noi ci abbiamo messo del nostro facendo un lavoro che a me è sembrato ottimo. Ciao Giannini, quando ti sento mi emoziono.

Concludendo, però, non credo rivedrò L'Esorcista a breve. Questa seconda visione non ha fatto che confermare quanto quello di Friedkin sia il mio grande tallone d'Achille, niente mi ha mai terrorizzato altrettanto. Stasera ho una cena con le colleghe e non so come sarò quando tornerò a casa. Sia il libro che il film sono due lavori giganteschi, ma se ognuno di noi ha una fragilità, questa è la mia. È IL film dell'orrore, l'inarrivabile, la Storia.
Ma io mi caco, quindi non lo guardo più.



lunedì 3 luglio 2017

The devil's candy

16:06
Oh, Sean. La blogosfera lo diceva che eri tornato, ma io li ignoravo. Li ignoravo perché sono scema, e oggi sono qui a pentirmi del mio essere scema prostrandomi ai tuoi piedi con questo post.
Ti vogliamo tutti molto bene e siamo molto grati tu esista.




Lo Sean con cui parlo è Sean Byrne, che qualche anno fa mi ha causato una bella notte insonne con il suo The Loved Ones, e che a quanto pare fa solo film (belli) con titoli bellissimi.
In questo, Liz di Roswell è sposata con un pittore, con il quale ha una figlia, Zooey. I tre comprano una casa nuova, ma fin dalla prima sera la loro tranquillità è disturbata da un omone che si presenta alla loro porta, sostenendo di essere il figlio della coppia morta in quella stessa casa tempo prima.

Poco tempo fa, parlando di The town that dreaded sundown, ho detto cosa mi piace di alcuni horror recenti. Dicevo che amo come qualcuno (quelli più intelligenti) prenda elementi classici e canonici per rifinirli, risistemarli, smussarli, per regalarci un'esperienza tradizionale ma allo stesso tempo innovativa.
Ecco, abbiamo un nuovo nome da aggiungere all'elenco.
The devil's candy parte da una premessa che conosciamo come le nostre tasche: famiglia compra casa, in casa c'è stata una tragedia, papà è quello che la 'sente' di più.
Amityville, certo, ma anche quel signorino sconosciuto di Shining.
Ora, non è che adesso mi metto a fare paragoni giganteschi, ma il film di Byrne mi ha commossa tantissimo, e un horror non mi commoveva (?) da tempo.
Andiamo con ordine, però.

La casa nuova. Elemento principale di questo sottogenere, a volte è quasi un personaggio del film. L'Overlook lo era, era protagonista. Qua no, la casa è solo un pretesto. Non è una di quelle incantevoli magioni vittoriane per le quali la sottoscritta perde la testa in tempo record, no no. È una bella casona, ma anonima, senza alcun valore se non quello di essere una gran fonte di gioia che poi si trasforma in disgrazia.
La famiglia. Ogni recensione di questo film che esista nel web parla di quanto incantevole sia questa famiglia. A costo di ripetermi, i tre sono uno spettacolo. Imperfetti, uno schiaffo in faccia agli ideali borghesotti che ci vengono spesso schiaffati in faccia, ma pieni di un amore limpido e genuino, legati da un rapporto quasi amicale. Empatizzare e non soffrire con loro è impossibile.
Elemento demoniaco, perché c'è. Partendo dal presupposto che se anche solo si fa intuire alla lontana che Big S è coinvolto io me la facio addosso preventivamente, il film è furbo e lo usa solo come 'voce nella testa'. Conseguenza? Ancora più paura. Sipario.
Cattivo e violenza sono inversamente proporzionali. Tanto più il personaggio Pruitt Taylor Vince è ripugnante e colmo di disagio, allo stesso tempo Bryne si prende la libertà di non mostrarci niente di sconvolgente dal punto di vista del sangue. Non che non ce ne sia, ma lui non ha bisogno di farci sbarrare gli occhi dallo sgomento.
Ci ha fatto spalancare il cuore, e quello è molto, molto più difficile.

lunedì 23 gennaio 2017

At the devil's door

18:05
Continua il mio viaggio per tornare tra le calorose braccia di Friedkin. Ora che Blatty ci ha salutati, poi, è quasi doveroso. Prima o poi leggerò anche il libro, lo prometto.
MA temo che questo giorno sia appena slittato un pochino in avanti perchè, che io sia eternamente maledetta, At the devil's door mi ha fatto una paura di quelle che mi hanno fatto passare la voglia di vedere dei demoniaci ancora per un po'.

Leigh è un'agente immobiliare che, analizzando una nuova casa da vendere, trova una mazzetta di banconote. Quella che noi seguiamo è la storia di quella mazzetta, di come una giovane ne sia entrata in possesso e di come le conseguenze del suo gesto si siano trascinate coinvolgendo non solo lei stessa ma altre donne.

Una diapositiva del momento in cui pensavo sarei morta

Ma a me esattamente chi è che lo fa fare?
Cosa credo di ottenere? Ma se anche tra un mese o due io riguardassi davvero L'Esorcista riceverei un pagamento in gettoni d'oro? Perchè davvero a volte penso di avere grandi problemi di masochismo. Io domani ho davanti qualcosa come quindicimila ore di lavoro, in un bar da sola, e alla sera, COL BUIO, io il suddetto bar lo dovrei anche chiudere. Andare in un magazzino buio e gelido come il Polo, controllare che tutto sia a posto e poi uscire. DA SOLA. AL BUIO.
Potevo vedere La La Land. Invece no, mi sono appena condannata ad una giornata infernale, contrassegnata da allucinazioni uditive che mi faranno voltare di scatto ogni 5 minuti perchè mi sarà sembrto di sentire il ringhio di Satana.
Perchè lo sapete cosa fa tanta, tanta paura in At the devil's door? I rumori. Le apparizioni demoniache di fatto non ci sono mai, ma le conseguenze della presenza del demonio nella stanza sono anticipate da dei ringhi. Se ormai le nostre orecchie sono abituate alle sinistre voci che di solito gli vengono attribuite, questi suoni animaleschi mi hanno annientata sul divano.

Leigh, Hannah e Vera non hanno alcuna colpa se non quella di essere donne profondamente sole. Hannah visceralmente attaccata ad un fidanzatino di passaggio che l'ha gettata tra le braccia del demonio, Leigh e Vera sole al mondo, legate solo l'una all'altra da un rapporto che, come spesso accade tra sorelle, è forte ma complicato. Tutte con le loro fragilità, noto punto di appiglio di quel signore lì con gli zoccoli che non aspetta altro di vederci vacillare. E lui infatti subodora la solitudine e, a turno, se le prende tutte e tre. Prende anche me, evidentemente, perchè il sospetto, la paura, gli occhi sempre voltati dietro le spalle li avrò per un po'. C'è da dire che McCarthy fa quella cosa notevolissima di mostrare il demonio in penombra, in un riflesso allo specchio, negli occhi neri di una bambina, senza mai sbattercelo in faccia. È quella cosa che Stephen King dice in Danse Macabre quando parla di Lovecraft: se il terrore lo tieni dietro la porta fa una paurona malvagia, ma appena la spalanchi e me lo sbatti in faccia io posso anche farlo un saltellino sulla sedia, ma poi inizio già a tranquillizzarmi. Se c'è un mostro di tre metri dietro mi fa certamente spavento, ma sono anche sollevata, perchè poteva esserne alto trenta, di metri. Poi finisce tutto in vacca come La madre, che aveva tutte le potenzialità per farmi stare sveglia la notte e invece fuffa.
Qui il volto del Male si intravede per cinque secondi forse, giusto il tempo di sgommare le mutande, e poi torna a nascondersi. È come se ci stesse pescando: ci attira, poi butta l'esca un secondo tanto per farci abboccare e infine ce la leva da sotto il naso. Ma ormai è fatta.
McCarthy gioca con noi, con la nostra paura atroce, e a quanto pare si diverte molto a farlo, perchè gli riesce bene assai.

Forse questo discorso conta solo se, come me, al solo sentire un vago richiamo satanico scappate con le valigie in Messico, chissà.
Però il film è bello davvero, quello a prescindere, giuro.

mercoledì 16 novembre 2016

#CiaoNetflix: L'altra faccia del diavolo

15:47
Voglio rivedere L'esorcista.
L'ho detto, sono seria.
Smettetela di ridere.
Rivederlo tutto, senza mani sugli occhi nè (soprattutto) orecchie tappate e LALALALALALA strillati per non sentire. L'audio negli horror è sempre stato il mio punto debolissimo. Il fatto che io poi abbia un bar da chiudere al buio, da sola, è ininfluente. Vero?
Comunque, sarà un lungo percorso quello che mi condurrà alla mia nemesi. Devo guardarli tutti, sti demoniaci di sto grandissimo cavolo, prima di tornare al capo supremo. È una missione, e ho giusto giusto una settimana di ferie davanti.
In mio soccorso interviene Lui, Netflix.
Mi propone L'altra faccia del diavolo.
Non mi interessa se dite tutti che fa schifo, la qualità non influisce sulla mia paura. Ho paura e basta, di tutti indistintamente. Sì, nonostante il mio ateismo, sì, nonostante il capostipite mangi in testa a tutti, sì, anche se mastico tanto horror.

In questo esemplare della razza dei demoniaci, famiglia dei mockumentary, la protagonista si chiama Isabella. Quando era bambina un tragico evento colpì la sua famiglia: sua madre Maria, mentre le veniva effettuato un esorcismo, uccise i sacerdoti e la suora che erano con lei. Vola a Roma, dove la madre si trova ricoverata in un istituto psichiatrico di gestione cattolica, e qui conosce due sacerdoti che forse possono aiutarla a fare chiarezza su ciò che realmente affligge Maria.

Mi piacerebbe risparmiarmi molti caratteri e sbrigarmi dicendo che è un brutto film, e tante care cose a tutti. Tanto il vero motivo per cui oggi scrivo un post è che sono in scodinzolante entusiasmo per la grafica nuova, sono certa che lo sapete tutti, potevo iniziare la mia maratona demoniaca nell'intimità silenziosa della mia cameretta. (Quella reale, non questa virtuale, ovviamente)
Visto però che il film si prende così tanto sul serio non vedo perché dovrei snobbarlo io.
Prendiamo sul serio ed andiamo ad illustrare con un elegante elenco a freccine (che la mia sfavillante nuova grafica mi permette di fare) tutte le cose che in L'altra faccia del diavolo non hanno alcun senso.

⇢ Sarebbe stato utile, a mio modestissimo avviso, un minimo di chiareza linguistica. In che nazione siamo? In che lingua parliamo? Siamo italiani che parlano inglese? Inglesi che parlano italiano? Se non altro garantisco che non c'è nessun italiano che parla in italiano (nella versione inglese del film, non so come sia stato doppiato ma sono più o meno certa chepeggio di così non si possa fare). Esempio ai fini dell'argomentazione: la scena del battesimo si è svolta in inglese. Allora, se per chiarezza del pubblico vogliamo far parlare tutti in inglese a me sta benissimo, ma un mix linguistico del genere è se non altro caotico.


⇢ Il personaggio di David. Vado come mio solito a spiegarmi.
Se hai fede ma non stimi la Chiesa a cui appartieni a me sta bene. Anzi, ammiro te che riesci ad essere distaccato dal ruolo che ti è imposto ma scegli di usare la tua testa. Bravo. Quindi prendi il tuo amico Ben e insieme fate esorcismi di nascosto dai vostri Capi per aiutare persone bisognose che non sono riconosciute come tali dai Capi suddetti. Benissimo, operazione lodevole.
Poi però arriva Isabella, e ti piglia la paura di essere scoperto e di perdere il lavoro e della SCOMUNICA, allora ti prendono i dubbi e non la vuoi aiutare. E lo dici mentre dietro di te campeggiano orgogliosi i file delle persone che già stati aiutando di nascosto dalla Chiesa stessa. Non capisco, David. Hai fatto 30 fai 31, no? La tua posizione è già poco vantaggiosa, tanto vale fare del bene.

⇢ Mock insensato. E badate che mi si spezza il cuore a dirlo, ché io se ho un guilty pleasure è proprio quello dei finti documentari. Parti per l'altra parte del mondo per scoprire cose su tua madre e ti porti un cameraman? Buttando peraltro ogni tanto qua e là come spiegazione un 'Sto facendo un documentario'? Ma a beneficio di chi lo stai facendo? Ti è stato commissionato? Lo vuoi mostrare ai nipotini quando sono grandi?

⇢ Le scene più iconiche del film (se di icone si può parlare) compaiono ciascuna per qualcosa come 7 secondi in media, e non hanno alcuna utilità ai fini della trama. Non parlo solo della suora dagli occhi spiritati di cui si parlava anche nella recensione de I 400 calci (che spero abbiate votato anche quest anno ai MIA come miglior sito di Cinema), ma mi viene anche in mente la posseduta contorsionista. Oltretutto, spiattellandomele in faccia con cadenza regolare me ne hai rovinato completamente l'impatto e il loro potere è stato del tutto rovinato. Peccato perché entrambe quelle che ho citato credo che presentate in un modo diverso mi avrebbero spaventato molto.


⇢ Guarda, Bell, sono italiana e cresciuta nel mondo cattolico, ti dico una cosa. Ammesso e non concesso che esista un corso sugli esorcismi, puoi stare tranquillo su una cosa: la Chiesa Cattolica non lo farebbe MAI pubblico. Stai scherzando?

⇢ Continuiamo sul filo della saggia Chiesa. Senti un po' cosa hai detto, Bell, e un saluto a chi ha concluso questo film senza accorgersi delle michiate che stavi facendo dire ai tuoi personaggi. In sintesi: il male ormai non si palesa più da solo, sta a covare dentro le persone. Ci vuole un esorcismo per smascherarlo. E quando lo si fa l'esorcismo, di grazia? Quando si può escludere con matematica certezza l'origine psichiatrica dei sintomi. Giustissimo, non fa una piega. E questa certezza matematica quando ce l'abbiamo? Quando il male si manifesta.
Cristallino.

⇢ Ben e David non brillano per Q.I., questo è piuttosto evidente. Infatti hanno luogo nel film una serie di interessanti contraddizioni, tali da balzare persino all'occhio miope della sottoscritta. Il ragionamento alla base delle loro azioni è il seguente: facciamo delle cose per il bene della comunità, perché crediamo in quello che facciamo, ma, consapevoli che questo non andrebbe a genio a chi sta sopra di noi, ci vediamo costretti a fare tutto di nascosto, che non se ne sappia niente percarità che rischiamo brutto.
Isabella e l'amico azzardano un timido: 'Possiamo portare la camera?' E ti aspetti vigorose risposte negative, sguardi di disapprovazione, gesti di rimprovero col ditino. E invece.
Non solo li si accompagna a vedere (inquadrando per bene anche i volti dei soggetti coinvolti) il lavoro segretissimo di cui parlavamo, ma li si porta addirittura a vedere un esorcismo vero, senza far firmare liberatorie a nessuno, senza manco chiedere il permesso alla madre della povera contorsionista col ciclo.
Ogni mio tentativo di comprensione è stato nullo.

⇢ Quella che più di tutte mi ha fatto incavolare, però, di quelle cose che ti fanno sbattere le mani sul divano invocando l'intervnto di divinità affinchè a certi personaggi vengano tolti i fondi per fare film, è la seguente: Isabella è dal medico curante della madre. Chiacchierano della paziente, fino a che si tocca lo spinoso tema della possessione. Il medico dice chiaramente, CHIARAMENTE, che quella demoniaca è un'ipotesi da escludersi, nonono, qua abbiamo una paziente psichiatrica e come tale la trattiamo. Tranquilla Isa, la mamma sta bene. È matta, ma se non altro è matta da sola.
Arrivano alla stanza della madre, a cui si giunge attraverso una prima porta a vetri per poi arrivare all'ingresso effettivo. Com'è la porta a vetri? Ricoperta di crocifissi.
Cosa mi stai dicendo, dottore?


Io raramente riconosco con chiarezza quale sia il problema in un film che non funziona. Dico genericamente che a me non è piaciuto e fine. Stavolta il gigantesco problema di scrittura è talmente palese da lasciamri sconcertatata. Ribadisco, avrei potuto chiudere il discorso in modo molto più rapido, ma niente mi avrebbe potuto privare della gioia di usare le freccine per la prima volta.

[Nota Personale: Erre non guardare sto film che c'è una notevole contorsionista e mi servi vivo almeno fino al 19. Grazie]

lunedì 7 marzo 2016

The Atticus Institute

16:51
Domenica sera, solita cena con i soliti Amici. Si parla di cose varie, tendenzialmente le solite, fino a che un amico mi chiede cosa penso dei demoniaci, io come al solito rispondo che li affronto con il coraggio che contraddistingue i gatti quando incontrano l'acqua.
Girando intorno all'argomento si finisce a nominare The Atticus Institute e io ribadisco il mio non volerlo guardare maimaimai nei secoli dei secoli.
E guai a voi se rispondete amen che proprio oggi non è giornata, eh.

Siccome, come vi dico sempre, la coerenza è il mio animale guida, oggi ho guardato sto benedettissimo film.
Lo sapevo, eh, lo sapevo come sarebbe finita. Perché li ho letti tutti i vostri post a riguardo, tutti quanti, e sapevo che mi avrebbe devastata dalla paura, ma quando si è testine di cazzo lo si è fino alla fine.


Per farla breve, l'istituto che dà il nome a questo stramaledetto film è un laboratorio di psicologia dove gli scienziati pazzi e creduloni esaminano persone che dicono di avere poteri paranormali. Sì, hanno visto qualcosina di vero, qualche truffa, però loro erano proprio appassionati, ci credevano parecchio, continuavano a cercare.
Cerca e ricerca, capita loro tra le braccia, come una manna dal cielo, Judith. Avete presente il momento in cui un nome si trasforma in un incubo? Fino a un'oretta e mezza fa il mio era Reagan, da oggi temo i nomi saranno due. Judith è una donna comunissima che inizia dopo una brutta caduta a fare cose un po' meno comuni. L'istituto non è in grado di gestire una situazione del genere da solo, soprattutto considerato che la presenza di Judith si sta rivelando più pericolosa del previsto, e quindi intervengono i pezzi grossi.

Fin dal primo istante ho saputo che guardarlo sarebbe stato un errore madornale, ma il momento in cui ho prenotato il mio posto per un viaggio di sola andata su Marte è stato quando uno degli intervistati (ne riparliamo, delle interviste) guarda fisso in camera, che gli dovesse mica venire una gobba, e dice qualcosa del tipo: 'Voi che state facendo questo film e voi che lo state guardando state attirando qualcosa di molto brutto nelle vostre vite.'
Boom, pc chiuso di scatto, lanciato fuori dalla finestra, valigia riempita e pianeta abbandonato.

Ma servirebbe? NO perché la stronza di Judith ha sempre controllato tutto e tutti pur apparendo così 'sottomessa'. Io potrei scappare fuori dalla galassia, ma se lei volesse ostacolare la mia respirazione lo potrebbe fare a migliaia di chilometri di distanza. Può fare qualsiasi cosa, in qualsiasi momento. E questi piccoli sprovveduti credevano di controllarla. Pivelli.
Scena (ATTENZIONE SPOILER): Judith legata alla sedia, chiusa in una teca di vetro come un animale da esposizione, le vengono fatte domande a cui lei risponde con versi incomprensibili. I versi vengono interpretati e cosa stava dicendo lei? Stava suggerendo le domande da farle! Cosa???!! Mi sono venuti tre capelli bianchi.
Ci provano con qualche spaventino più 'studiato', ma (incredibile ma vero) con me non è che abbiano fatto particolare presa, sono quelle cose qui che a me lasciano con la voglia di evadere.


Ma parlavamo delle interviste.
Oh, a me sono piaciute tantissimo. Quarant'anni dopo e la gente ancora terrorizzata al solo pensiero di  quella Judith, con i ricordi nettissimi di quanto accaduto perché troppo sconvolgente da rimuovere, persone con ancora un profondo senso di colpa per quanto avvenuto agli altri coinvolti...bravini gli attori e bello il tutto, tiè.

Certo, la povera Judith si è presa qualche accidente da me, me ne dispiaccio. In fondo lei è vittima tanto quanto gli altri. Qualcuno, per fortuna, durante il film se ne è ricordato. C'è stato un rapido 'È un essere umano!' che mi ha un po' riportato sulla faccia della terra.
Poi niente, lei si è messa a strepitare e io pure, dalla paura.

Avrei solo voluto un finale un po' diverso da quello di Paranormal Activity. 

giovedì 7 gennaio 2016

Mi metto in pari: Deathgasm

16:36
Due giorni fa parlavo di un macigno emotivo, un film lento ed elegante.
Io l'unica cosa elegante che ho sono i gatti. E poi in realtà non lo sono manco loro.
Per cui dovevo rimediare. Dovevo riportare del sano panesalamismo in questo blog color del sangue. Per accostamento cromatico mi pareva corretto parlare di un film, sempre tra quelli dell'anno scorso che devo recuperare, che ha messo d'accordo quasi tutti: Deathgasm.

Brodie è un adolescente amante del metallo che si trasferisce a casa degli zii. La passione per la musica è la sola cosa positiva nel complesso della vitaccia del nostro: vittima dei bulli a scuola, amici pochi e superloser (capirete che assistere ad una partita di Dungeons and dragons quando tu immagini te stesso suonare sulle rocce con donnina nuda e avvenente appresso non sarà mai un'esperienza gradevole), madre ricoverata in istituto psichiatrico. Con quei due poveri cretini dei suoi amici e con l'ausilio di una nuova conoscenza che condivide con lui i gusti musicali fonderà una band, ma gli va male anche stavolta.


Penso di essere una dei pochi blogger ad avere visto questo film non avendo mai amato il metal. Sono una pippa, che volete che vi dica. Riconosco il talento di alcuni musicisti, ma proprio non è la mia cup of tea. 
Non so se amare il genere in questione, che in questo caso è uno dei protagonisti della vicenda, mi avrebbe fatto piacere ancora di più il film, ma vi garantisco che non è una condizione necessaria.
Non impressionarsi di fronte al sangue invece lo è.

Perché qua di sangue ce n'è a secchiate. 
Ma non è che ce lo propinano subito, no. Prima abbiamo il metalhead che di duro ha solo la custodia della chitarra. Entrato in un nuovo (orribile) ambiente familiare, a cui mi sento di dire che se il povero cristo fosse stato davvero satanista vi sarebbe stato benissimo, stupidi bigotti, nuova scuola, nuovi amici, circostanze che come vi ho già raccontato conosco (e odio) benissimo. Vuole suonare la chitarra ma non è proprio bravissimissimo, gli piace una ma è proprio la morosa del cugino bullo.
Meno male che ha la passione per la musica a tenerlo in piedi perché qui avremmo gli estremi per una diagnosi di depressione.
Poteva, al nostro povero sfigato, andare bene almeno la band che ha formato?
Ma figuriamoci.
Suona ed evoca dei demoni che prendono possesso di tutta la cittadina.
Chiaramente.


Da questo momento iniziano le botte da orbi.
Vibratori nelle orecchie, motoseghe nel sedere, sberleffi a suon di dildo giganteschi, esageratissime e volgari. Ma quanto si ride? 
Posseduti che sembrano zombi, teste scollate dal collo con tutta la colonna appresso, sembrava di stare dalle parti di Dead Snow.

Se avete altri amici amanti del genere, ve ne prego, guardatelo insieme. Pizza, birra e Deathgasm. Che io ieri sera li avevo entrambi ma con i miei amici guardavo Aldo, Giovanni e Giacomo. 
Se gli faccio vedere una roba del genere mi mollano, più sola e sfigata di Brody.



domenica 5 aprile 2015

Il signore del male

18:46
(1987, John Carpenter)

Signori, ho trovato un lavoro.
Stare a casa disoccupata mi stava logorando su tanti di quei piani che fatico anche solo a spiegarlo.
Mi meritavo un premio.
Ed esiste un premio migliore di un bel film?
Spoiler: no.

E poiché non parlerò de Il seme della follia nemmeno sotto tortura almeno fino a quando non avrò 15 lauree in cinemaregiasceneggiatura, direi che è giunto il momento per me di mettere da parte il mio terrore per i film demoniaci e vedere, in vergognoso ritardo, Prince of Darkness. 


[Ve lo dico subito che così ci leviamo un bel pensiero. Se pensate che io sappia anche solo cosa vuol dire fisica quantistica avete proprio capito Roma per Toma. Io amo la storia, la letteratura, tutto ciò che è astratto. Le materie scientifiche mi annoiano solo se ci penso. Mi dispiace. So che questo potrebbe essere una limitazione nella visione del film, lo riconosco. Terrò Wikipedia aperta, che volete che vi dica. Ma tanto con ogni probabilità non capirò nemmeno cosa dice Wiki.]

In un'antica chiesa di Los Angeles viene ritrovata la sede di una segreta setta religiosa, che custodiva un misterioso liquido verde, che pare essere l'essenza del Maligno. Il sacerdote responsabile del ritrovamento si rivolge ad un professore di fisica e ai suoi studenti per risolvere il mistero.

Oh, eccoci qua.
Sediamoci e parliamo di fede/scienza. Ce l'avete un tè? Io ho fatto la torta al cioccolato, così intanto facciamo merenda.

Io sono atea, ma non sono una di quelle atee ostili nei confronti dei credenti. Io ho molto rispetto delle persone con una sincera religiosità, sono sempre contenta di ascoltare il loro punto di vista e condividere con loro il mio.
Per questo motivo, la prima cosa che mi ha tanto colpito de Il signore del male è che vediamo i due mondi apparentemente 'antagonisti' incontrarsi per loro stessa volontà. E' il sacerdote che sceglie di comunicare le proprie perplessità al professore anzichè al proprio superiore. Qualcosa nel suo mondo lo sta mettendo in difficoltà, per cui sceglie di aprire la sua mente - che rimane comunque ferma nel proprio credo - alla scienza. Così come il professore e gli studenti sono costretti ad un certo punto a riconoscere che l'entità dei fenomeni che stanno colpendo la chiesa esula dal loro campo di competenza.
Questo mi affascina molto, e non fa altro che aumentare la mia già presentissima stima nei confronti di Big J.
Ogni personaggio è interessante, intelligente, aperto all'altro ma non incoerente.
Persone che vorrei incontrare nella vita reale.


Chiaro, parliamo di un film.
Un film girato con qualcosa come i 5€ della paghetta.
Un pochino si vede, dai. Un pochino.
Ma, francamente, ce ne frega?
No che non ce ne frega, perché con 5€ noi ci compriamo un pacchetto di sigarette (voi, perché io non sono scema e non fumo), lui, che c'è un motivo se è una specie di divinità greca, ci ha girato un film che inizia sottovoce, e poi esplode.
La sensazione è quella di una tavola preparata: si inizia a cucinare pian piano, poi si apparecchia, con calma e in ordine. Poi si inizia a sentire il profumo del cibo che è quasi pronto e infine sbam! Piatti in tavola, portata dopo portata, rumore di posate, l'acqua versata, e infine, gran finale per cui c'è sempre spazio anche nello stomaco più pieno, il dolce.
E così Il signore del male. Inizia con 10 minuti di titoli di testa, angoscianti e infiniti, nei quali assistiamo alla preparazione della mattanza. Quello che dovrebbe essere il momento in cui sentiamo il profumino del cibo è quello in cui il demonio si libera, prende possesso della prima vittima, ed entriamo nel vivo del film.

A questo punto affrontiamo la questione paura. Perché si parla di un film demoniaco. Di un film demoniaco della miseria. Quindi, come ha potuto una persona terrorizzata dal suddetto filone averlo visto?
Paura me ne ha sinceramente fatta. Mi ha lasciato quella patina di angoscia sulla pelle, quella che potrai anche farti mille docce (se hai il coraggio di andare in bagno da sola) ma la senti ancora lì. Per tutta la durata sono stata incollata allo schermo, ma questo era prevedibile.
Certo, quel finale lì mica me lo aspettavo.
Infatti ho fatto un triplo carpiato rovesciato imbalsamato che credo di avere tolto un paio di doghe al letto.
Eppure, dopo lo spavento iniziale, era l'unico finale possibile. Io non ci sarei mai arrivata di testa mia, ma una volta che il sior Genio me lo ha presentato, era in effetti l'unica cosa da fare. Che è il motivo per cui lui è, appunto, il sior Genio e io la siora Cretina.


Mi pare di avere capito che lo si ama o lo si odia, sto principe delle tenebre.
Io, personalmente, l'ho amato.

(Certo, se ne volete un'opinione più seria e molto meglio argomentata, vi rimando alla recensione di Obsidian Mirror)

lunedì 16 marzo 2015

The taking of Deborah Logan

14:02
(2014, Adam Robitel)

Ho letto per la prima volta di questo film qui, da Malpertuis, il blog a cui guardo con ammirazione sconfinata e rassegnazione mista invidia perche', andiamo, le avete lette le sue recensioni?
Questa sara' decisamente piu' terra terra e banalotta.

Mi ha affascinata da subito, per qualche strambo motivo irrazionale, ma siccome parliamo di taking capite anche voi che non potevo guardarlo con leggerezza, vista la mia relazione di amore/odio col tema. Quindi ho aspettato di non essere a casa a sola, ed eccoci qui.


La Deborah Logan del titolo e' un'elegante signora a cui e' stato diagnosticato il morbo di Alzheimer. Le spese mediche sono costose, pertanto la figlia sceglie di accogliere in casa un gruppo di studenti che realizzera' un documentario/studio sull'avanzamento della malattia.
Non passera' molto tempo prima che si accorgano che forse Deborah non e' solo malata.

L'ultima volta che qualcuno aveva avuto l'ideona di fare un mock a tema demoniaco il risultato era stato L'ultimo esorcismo, che insomma non era proprio un risultatone.
Stavolta ci e' andata decisamente meglio.

Cosi' elegante, discreta e raffinata la madre, Deborah, appunto, tanto ansiosa, apparentemente trasandata e' la figlia, Sarah. Si trovano ad affrontare uno di quei dolori che ti restano appiccicati alla nuca.
Puoi non pensarci, puoi distrarti bevendoti una birra in veranda, ma sta li', sempre pronto a colpirti quando non ci stai pensando.
Sarah da figlia comunissima di madre comunissima e' costretta a trasformarsi in caregiver, a dedicare ogni istante della sua giornata alla madre malata che sta peggiorando molto piu' velocemente del previsto.


E non c'e' certo bisogno di avere lavorato a contatto con le famiglie di anziani malati per comprendere quanto questo ruolo investa completamente la vita di chi ci si ritrova invischiato.
Da un lato hai il grande dolore di vedere tua madre soffrire cosi', con una malattia cosi' infame. Dall'altro la tua inividualita' viene messa da parte, a tempo indeterminato.

Anche per questo l'arrivo della troupe che realizzera' un video su Deborah e il suo male si rivela salvifico. Sarah non si ritrova sola a gestire questa enorme responsabilita', ha compagnia e sostegno, ha una studentessa di medicina che, visto il peggioramento di Deborah, e' fondamentale.

Peggioramento che e' rapido e inaspettato, ma non violento o mal presentato nel film. I fenomeni inspiegabili partono in sordina, la sua crescente aggressivita' potrebbe essere spiegata con motivazioni mediche.
Potrebbe, ma non e'.
I medici non sanno che fare.
Ma rimangono, continuano, visitano, ricoverano.
Mica come ne L'Esorcista che hanno guardato intensamente Reagan negli occhi e dicono "Signora io non so lei ma vedrei un prete".
Qui siamo nel 2014, la ragione e la scienza prevalgono, questa donna DEVE essere malata.
Lo e', per carita', ma non solo.

Il che rende la questione due volte piu' interessante, perche' ogni azione (a parte ovviamente quelle piu' estreme, fisicamente impossibili e finali - io terrei d'occhio le mascelle. C'e' una scenona) potrebbe essere guidata da una o dall'altra variabile. Per buona parte della pellicola Deborah potrebbe essere tranquillamente un caso clinico molto particolare e grave. 

Hai davanti agli occhi il corpo di una persona che ami. E' proprio li', il suo volto, i suoi occhi, le sue labbra.
Ma non e' piu' se stessa.
Alzheimer o possessione, cosa importa?


Ho iniziato l'anno con certe pellicole che raggiungerle in scaletta di gradimento e' tostissima, e purtroppo The taking of Deborah Logan non tocca certe vette di radioso splendore.
Pero' vi sconvolgero' rivelandovi che a me ha inquietato in quel modo che ti mette a disagio sulla seggiola, che ti fa controllare ogni tanto dietro le spalle di non avere un'anziana pazza che cammina in camicia da notte e spunta dalle porte.
E si', ho fatto un paio i saltini non indifferenti sul ivano che meno male che ho un bel sederotto che ha attutito i colpi.


domenica 27 aprile 2014

Il fenomeno Amityville - parte II

18:48
Proseguiamo il nostro discorso sulla faccenda Amityville, che avevamo iniziato qui.
Ero stata preventivamente avvisata da Frank di Visione Sospesa sul fatto che il secondo episodio della saga avrebbe fatto paura, ma ormai saprete quanto sono coraggiosa e temeraria.


Comunque, questo secondo film è pure lui tratto da un libro, Murder in Amityville scritto da Hans Holzer. Però George Lutz, che con sta questione della casa maledetta ci stava facendo su le palanche, ha detto:
'No, Dino (DeLaurentiis, il produttore), per piacere, ascolta ammè che di ste cose ne so, ispirati a Amityville Horror Part II!'
Ma Dino, che qualcosina sapeva pure lui, ha risposto:
'Senti bello, resta nel tuo che qui comando io e questa è casa mia.'



Tribunali e mica tribunali, per decidere che Damiani poteva ispirarsi a quello che gli pareva a lui a patto che specificasse che il film non c'entrava nulla con lui.
Ma appurato che il film è ambientato PRIMA dell'arrivo dei Lutz, come poteva c'entrare con lui?
Megalomane.

AMITYVILLE POSSESSION - 1982 - Damiano Damiani

Prima dei Lutz con tutti i loro casini, nella casa di Ocean Avenue ci stavano i DeFeo.
Che in questo caso si chiamano Montelli.
I quali, poveri Montelli, non partono da una base gioiosa ed equilibrata. Papà Montelli è uno schifo di uomo. Mamma Montelli è un'isterica senza palle. Figli Montelli Senior sono dei precursori della moda Lannisteriana e Figli Montelli Jr non contano niente, però sono teneri perché sono fratelli anche nella realtà e sono tanto carini.
Arrivano in quel fenomeno di casa, non fanno in tempo a disfare le valigie che inizia a scorrere sangue dai lavandini, scritte sataniche sul muro, è una velocissima discesa verso gli inferi che non lascia un attimo di respiro.


Amityville Possession è un prequel che supera abbondantemente il predecessore, facendogli anche mangiare la polvere del sorpasso. E' un film teso, angosciante, spaventoso. Fa davvero paura, come mi aveva detto Frank. Siamo da subito consapevoli che nella casa qualcosa non va, ma ci viene spontaneo non dare troppo peso alla questione perchè siamo belli coinvolti nei problemi famigliari. Padre violento, madre succube, figli incestuosi. E' pieno di spunti, al punto che quasi quasi ci dimentichiamo che qua c'è un figlio posseduto di troppo.
La vicenda è bella divisa in due, con una prima parte più umana, che poco ha a che vedere con il soprannaturale. Si arriva poi alla seconda che ha inizio con lo scoppio vero e proprio della possessione, in una scena che ha dell'incredibile.
Sonny, il figlio maggiore, è solo in casa, in un periodo nel quale cominciava a sentire un po' di inquietudine e malessere. Si aggira angosciato per casa, consapevole di non essere solo. Si volta qua e là, guardando in faccia qualcosa che a noi è celato. Cresce la tensione, fino a quando questo 'qualcosa' lo inchioda disteso a letto e fa continue e costanti pressioni sulla sua pancia. Come se la possessione non fosse più una cosa 'spirituale' ma una vera e propria possessione fisica, con la presenza che entra letteralmente nel tuo corpo e lo fa proprio.
Un punto di vista interessante e poco sviluppato altrove, anche nello stesso Esorcista che Daminìani così spesso cita.


Ho poi adorato il modo in cui la storia è strutturata.
Tutto gira intorno al momento in cui Sonny uccide la famiglia. (Non è uno spoiler, il film racconta la storia dei DeFeo morti ammazzati dal figlio.) Tutto quello che succede gira intorno a quella scena. Eppure il film non finisce lì. Non è il momento finale, non è che da lì parte il crescendo finale cum esorcismo cum esplosione.
Muore la famiglia, ma continua l'esplorazione della mente di Sonny, continuano le scene (spaventose) in cui il demone si manifesta.
Continuo a farmela sotto.

A fine film, però, rimane un dubbio amaro sulla natura umana.
Tra padre bastardo e violento e figlio - suo malgrado - posseduto, chi è il vero demone, lì dentro?



martedì 23 luglio 2013

Insidious

16:00
(2011, James Wan)



Qualche tempo fa, da queste parti si parlava anche di Insidious, con gli stessi toni discordanti che si leggono più o meno ovunque. Qualche giorno fa, poi, ho parlato di Poltergeist e si può dire che il film di Wan sia una specie di opera dedicata al lavoro di Hooper, vista l'infinita quantità di citazioni che contiene. Sembra quasi un remake, da tanto che lo cita.

Stavolta è il turno della famiglia Lambert, che dopo il trasferimento nella casa nuova è costretta a subire il grande dolore di vedere uno dei propri figli, Dalton, cadere in coma senza un apparente spiegazione medica. Come se ciò non fosse sufficiente, cominciano ad avvenire strani fenomeni nella casa, che non si placano nemmeno dopo che la famiglia trasloca nuovamente.



Andiamo subito al sodo: da che parte mi schiero?
Avevo un'opinione su Wan che lo rappresentava come mediocre, non mi aveva mai lasciato senza fiato. Fino ad ora. Credevo di avere già visto questo film, ma è chiaro che lo avevo confuso con qualcosa dal titolo simile! Ciao memoria, ciao.

Ad una visione superficiale, Insidious può apparire confuso (fantasmi? Demoni? Entrambi? Cosa piffero siete, quanti siete, cosa volete?), eccesivamente citazionista e con i titoli di testa più brutti che io abbia mai visto.
I titoli di testa continuano ad essere brutti, ma il film merita una rivalutazione. Rivalutazione data dal fatto che il sior James è bravo. Non avevo minimamente fatto caso a lui in Saw, e nemmeno in Dead Silence. Ma qui la sua presenza è sgomitante, i movimenti, le luci e l'atmosfera fanno paura.
L'ho detto, paura.
Per dirne una. La suocera racconta il suo sogno e già ti angoscia un pochino perché chissà che ansia aveva al mattino poveretta. Cambio di inquadratura e SBAM.

 



Bastardello.
Lo SAPEVO che ci sarebbe stato, ma porco cane che spavento. E questo significa che sei bravo, perché se mi anticipi così abbondantemente lo spavento e riesci a farmi sussultare comunque, sei proprio bravo. Tutto un gioco d'atmosfera, lo stesso gioco che avevi usato in DS ma con meno successo. Hai trovato la formula giusta per funzionare con me. Cosa importa poi se mammina e papino recitano come Lilli e il vagabondo.

 
La rivalutazione dovuta di cui parlo su, però, va a sbattere improvvisamente contro la storia dei viaggiatori. Io ne ho sentite tante di cagate nella mia vita, e ho sentito anche tanti escamotage cinematografici creati per raggiungere uno scopo, ma questo è il peggiore di tutti, proprio no. Mi spiace, ma no. Mi sembrava di leggere uno dei libri di Geronimo Stilton in cui si usa la macchina del tempo. Brutto.
MA ci si riprende nel finale, che sembra uno di quei finali alla Raimi dove vorresti dire solo un gran vaffa e sperare che arrivi a destinazione.


Immancabili sono i faccioni incerati che al regista piacciono tanto, e che solo lui può rendere così incredibilmente inquietanti. Altrettanto inquietanti sono quei due avanzi di idioti degli esperti di paranormale, che diosolosa se sono stupidi. Che personaggi poco utili, poco interessanti, poco divertenti. Avrebbero risparmiato dei bei soldini a tagliarli. La citazione a Poltergeist l'avremmo capita comunque.

A proposito. Com'è che negli Stati Uniti si trovano così facilmente degli appasionati di fantasmi sempre dotati di macchinari di varia natura? Hanno un'apposita sezione sulle Pagine Gialle?

lunedì 3 dicembre 2012

Lovely Molly, Eduardo Sanchez

11:57

Titolo originale: Lovely Molly

Anno: 2011

Durata: 100 min.

Trailer:

 
 

Trama: Molly e Tim sono neosposi. Dopo il matrimonio decidono di tornare a vivere nella casa in cui Molly e sua sorella Hanna vivevano da piccole, con i genitori. Dopo il trasferimento, però, strani avvenimenti colpiscono la coppia, e tutto sembra legato alla scomparsa del padre di Molly, la quale, già indebolita da un passato turbolento, comincia a mostrare i primi segni di squilibrio.

Di primo impatto questo film ha due cose davvero belle: titolo e locandina.


 
Cerco informazioni in giro e leggo che c'è di mezzo il buon vecchio Satana. Ouch, io ho seri problemi con i film che lo riguardano, come ho detto qui. Però di solito un bel poster basta ad attirarmi verso il film, quindi mi sono detta che a 22 anni è ora di superare le proprie paure.

Quindi ci ho provato, ed ecco cosa ne penso di 'Lovely Molly'.

Inizia nel pieno dell'azione: Molly parla davanti ad una telecamera e ha l'intento di suicidarsi, ma si ferma sostenendo che un tale 'Lui' glielo avrebbe impedito. Apprezzatissimo come inizio, non mi piacciono le cose troppo prolisse. Naturalmente, per spiegare come si è arrivati a questo punto serve un salto temporale all'indietro, e ci ritroviamo al filmino delle nozze, al trasferimento nella casa di famiglia e gradualmente ai primi avvenimenti strani. (Quando c'è di mezzo il diavolo è tutto un tremore. Che Satana abbia il Parkinson?) La situazione si evolve in un graduale declino psicologico di Molly, che si vede coinvolta in situazioni che uno non augurerebbe nemmeno all'odioso inquilino del piano di sopra che ti fa gocciolare i vestiti sul balcone.

Il tutto girato con un mix tra regia di ordinaria amministrazione e video registrati dalla stessa Molly. E qui, piccola parentesi. Io i mockumetary li adoro. Anche se ultimamente ce ne sono tonnellate e sembra siano il nuovo escamotage per guadagnare di più, il mo amore è più forte. All'inizio del film però pensavo che non fosse necessario, che la trama non lo richiedesse. Per fortuna poi l'uso della telecamera viene giustificato. Ma comunque se ne poteva fare a meno. Avevi già dato la tua dose con The Blair Witch Project, Ed, era sufficiente. Chiusa parentesi.


 

Ci sono diverse cose molto belle nel film: prima di tutto Molly è interpretata da una bravissima Gretchen Lodge, che non conoscevo ma che ho apprezzato particolarmente. Tanto quanto ho apprezzato le ambientazioni, tutte belle cupe e scure, in netto contrasto con gli ambienti 'degli altri', quindi il luogo di lavoro, la casa della sorella..era come se anche con le luci si volesse comunicare l'oscurità che aleggiava nella casa dei genitori di Molly, e con una come me queste cose funzionano. I miei complimenti al signor direttore della fotografia.

La tensione c'era, spesso bella intensa, ma c'è anche da dire che quando ho guardato questo film ero tesa come un filo su cui si stendono le lenzuola, sempre per restare in tema panni stesi. La paura di avere paura mi ha fatto cogliere molta più tensione di quella che magari in realtà si percepisce se non si è la Mari. Per inciso, a me la voce (del papà? Di Satana?) che chiama Molly durante il film ha fatto paura.

Ad avermi inquietato poi, è la tristezza. Non so come questo sia possibile, ma è la prima volta che vedo una tristezza inquietante. I neosposi non sono i soliti adolescenti bellocci e dalle belle vite. Sono un camionista e un'addetta alle pulizie, persone normali, con normali problemi economici, l'assicurazione sanitaria che manca, Tim sempre assente ma che trova il tempo per farsi la vicina (ops, questo era un mezzo spoiler), la sorella non molto solida ma sempre più di Molly. .

Persone normali.

(Oddio, diciamo che Tim è normale e Molly lo era solo a inizio film.)

Normali, ma tristi. Hanno un rapporto inconcludente, il marito è stato costruito come l'uomo meno utile che si sia mai visto. Capisco che una moglie così non è che aiuti, ma fai del tuo meglio perdio. Fai qualcosa. Niente, lui assiste e non fa nulla. Urla un pochino. Ma vai a verze, eri più interessante quando eri in viaggio.


 

È interessante questo film, non mi viene termine migliore. Interessante perchè offre mille spunti di riflessione, mille domande, poche risposte e molto buio. Sembra quasi delicato, a tratti. O almeno, è delicato il modo in cui sono trattati i tanti (troppi?) grandi temi che vi troviamo. Partiamo dal lutto, poi troviamo il declino psicologico, la tossicodipendenza, la possessione demoniaca, la violenza domestica. Detto così sembra un gran minestrone, ma in realtà è tutto trattato con i guanti, tutto perfettamente legato e coeso, e il risultato è che 'Lovely Molly' non è diventato un polpettone. Il lato leggermente negativo è che tutto ciò porta un po' di lentezza, ma niente di insopportabile.

La questione 'possessione' non è sguaiata (e di questo io sono molto contenta). È accennata, percepibile, ma non esagerata. Quindi, sangue ce n'è, ma non a secchiate. Ma soprattutto, non c'è la paura facile. Quella da salti sulla sedia, per intenderci. Ci sono la tensione, la suspance, la sensazione che succederà qualcosa. E tutto ciò ti tiene chiaramente attaccato alla visione, più di quanto non facciano i salti sulla sedia di cui sopra.

Oddio come mi sto dilungando.

Sintesi: che film quasi sempre figo.

Sono quasi certa che in Italia non sia uscito.

E visto quello a cui siamo abituati ultimamente, la cosa non mi sorprende affatto.









 

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